LE TRE RELAZIONI
CORNUDA L'uomo a cui era legata da un filo fortissimo di gratitudine,

Mercoledì 27 Dicembre 2017
LE TRE RELAZIONI
CORNUDA L'uomo a cui era legata da un filo fortissimo di gratitudine, il padre/amante che sapeva comprenderla e le dava solidità. E quello che le aveva acceso il cuore, arrivando a scompaginare una routine consolidata ma pericolosa. La geografia dei legami di Sofiya Melnyk era densa e ambiziosa. Ma c'era davvero posto per tre uomini così diversi per età ed estrazione, accanto a una donna sola? Forse no. Ed è forse per questo che quell'equilibrio fatto di bisogno emotivo, concreto e fisico, alla fine si è frantumato. Dietro lo specchio dell'irreprensibilità, infatti, Sofiya appare sempre più come un consumato direttore d'orchestra che concerta modi, tempi e luoghi in una partitura sentimentale fatta di accordi taciti e reciproci bisogni. E che però, a un certo punto, inciampa in quella che linguaggio della musica e della vita si chiama cadenza a inganno. È il momento in cui si fa un passo più in là, il momento in cui si desidera troppo. «Ovunque tu sei ti amerò sempre» scrive Pascal Albanese alla sua donna il 26 novembre, prima di togliersi la vita. E lei lo aveva mai amato?
«UNITI DA 9 ANNI»
Ben prima di essere così lontana da Albanese, Sofiya aveva ripiegato su un altrove vicino, utile e rassicurante che ha le fattezze di un geologo riminese sulla settantina. Un uomo che accompagna la vita di Sofiya da nove anni tra presenze discrete e importanti aiuti economici. È l'uomo che la aiuta ad acquistare la casa di via Jona, l'uomo che va su tutte le furie quando scopre che viene cointestata a Pascal. Ma è anche l'uomo che denuncia la scomparsa di Sofiya ai carabinieri di Cornuda, vanificando forse i piani di Pascal in un drammatico faccia a faccia con il convivente della 43 enne ucraina nella caserma dei carabinieri di Cornuda. E che oggi afferma nello sconforto: «Avevo messo in conto di prepararmi al peggio, ma quando mi hanno raggiunto al telefono per avvisarmi del ritrovamento del corpo di Sofiya mi sono mancate le parole. Ero unito da nove anni a quella donna, anche se non tutti i giorni al suo fianco». Il professionista guarda a una storia nera, fonte di disperazione per due famiglie: «Penso al dolore della mamma di Sofiya e a quello dei familiari di Pascal. Aspetto gli accertamenti dei Ris. Altro non mi sento di dire».
L'AMORE
Ma nella partitura intima della 43 enne ucraina c'era un terzo uomo. A cui oggi la cronaca sta riservando un dolore profondo e incolmabile. Il dolore di un sogno spezzato, proprio quando in una vita di affetti difficili e tormentati, minata dalla fine di un matrimonio e di una lunga relazione, sembrava essere arrivata finalmente la felicità. Placido Maugeri, 57 anni, il medico per cui la 43 enne ucraina aveva perso la testa, l'uomo con cui desiderava rifarsi una vita, ieri è uscito di casa, ed è arrivato all'ospedale. Per continuare a esercitare la professione nonostante quel macigno conficcato nel petto. Ha scelto di farsi scudo con la normalità. Ma nel profondo, è un uomo spezzato. «Non ditemi cose banali, uscite dai luoghi comuni. Fa tutto troppo male» ripete con un filo di voce da quell'ambulatorio che non ha voluto lasciare neppure il 26 dicembre, a due giorni dalla notizia che gli ha tolto le ultime speranze. Sofiya gli aveva cambiato la vita: stavano insieme da poche settimane, ma avevano capito di aver trovato l'approdo definitivo. Al punto che la 43 enne ucraina aveva deciso di lasciarsi alle spalle tutto: gli amanti facoltosi e anche la riconoscenza per Pascal. Per questo non si rassegna il radiologo trevigiano ad essere ricordato come l'ultimo amore di Sofiya. Lui era l'amore di Sofiya, quello delle prime volte, quello del tutto o niente. Sofiya gli aveva promesso di uscire dal ménage complicato e difficile in cui si trovava. E per questo i suoi occhi non sono ancora disposti a leggere una realtà che sembra ormai definita. Piano con il finale di tragedia, ripete in un mantra logoro. Pur avvertendo ormai che queste parole suonano come un'inutile anestesia al dolore.
Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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