I RITRATTI
ROVEREDO Si conoscevano da vent'anni. Il loro era un amore nato sotto

Venerdì 27 Novembre 2020
I RITRATTI ROVEREDO Si conoscevano da vent'anni. Il loro era un amore nato sotto
I RITRATTI
ROVEREDO Si conoscevano da vent'anni. Il loro era un amore nato sotto il sole delle estati senza nuvole della costa ionica calabrese. Vent'anni fa, quasi da bambini. Lei, dodicenne di San Quirino in vacanza a Rossano Calabro, paese d'origine della madre. Lui, un anno più grande, il ragazzo del Sud di cui innamorarsi. In quella vacanza, il padrone di casa. Lettere, scambi di messaggi, la lontananza. Poi da grandi la loro storia era decollata, fino alla convivenza, il trasferimento in Friuli, i bambini, una famiglia. Giuseppe Forciniti, l'infermiere modello che i pazienti adoravano per la sua gentilezza, e Aurelia Laurenti, ragazza e poi donna dai tratti mediterranei con un tocco di Medioriente. Una mamma che viveva per i suoi due bambini di otto e tre anni.
LE STORIE
Aurelia Laurenti era nata in campagna. Una villa vecchio stile, in via Napoleone Aprilis a San Quirino. Attorno, il silenzio. E gli animali, una delle sue passioni, con i cani al primo posto. Dopo la scuola, Aurelia era entrata nel mondo del lavoro facendo l'estetista. Era brava a decorare le unghie, ma il suo progetto era solo uno: la famiglia. Aveva trovato anche qualche impiego da commessa, l'ultimo in un compro oro di Pordenone, ma dalla nascita del secondo figlio si era dedicata ai suoi due angeli. Aveva anche permesso che Giuseppe, l'uomo con cui aveva scelto di condividere tutto, si stabilisse nella casa dei suoi genitori. Poi il salto, il primo affitto a Roveredo e infine la casa di via Martin Luther King dal 2013. Aurelia aveva anche provato a ripercorrere le orme del padre Giacomo e si era candidata in consiglio comunale a San Quirino nel 2011, con la lista San Quirino Cambia, d'ispirazione radicale. Ma erano i bimbi, la sua prima ragione di vita. Gestiva anche un profilo Instagram dedicato al più grande, lanciato nel mondo della pubblicità e già impegnato tra Milano e Roma, un set fotografico dopo l'altro. Si vedono le foto dell'ultima estate: la Costiera amalfitana, la classica tappa a Rossano. E gli autoscatti con il cagnolino di casa, un maltese bianco che adorava. Una foto, più datata, porta la didascalia il papà. Si vede Giuseppe Forciniti con il più grande dei due bimbi. Sono le ultime note felici di uno spartito strappato in una notte maledetta.
UNA VITA IN CORSIA
Giuseppe è un infermiere dell'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Un contratto a tempo guadagnato nel 2019 dopo anni di sacrifici. Dopo la riconversione del reparto di Chirurgia della mano, si occupava di pazienti Covid. In corsia è stimato, ben voluto. Dopo il trasferimento in Friuli aveva lavorato alla Rsa di Roveredo. «Un ragazzo bello, dolce, fine. Poteva essere mio figlio - racconta una vicina di casa, Silena Franceschetto -. L'ho conosciuto in Rsa, dov'era ricoverato mio marito. Il bimbo più grande lo vedevo sempre sullo skateboard, mi salutava. È splendido». Giuseppe si è laureato in scienze infermieristiche nella sede staccata di Reggio Calabria dell'università di Catanzaro. In provincia aveva prestato servizio anche alla casa di riposo Umberto I di Pordenone, prima di entrare ufficialmente in ospedale. «Era il primo a salutare, quando ci si incontrava al parco - racconta un'altra vicina di casa -, una persona apparentemente deliziosa». Nelle ultime settimane il lavoro in corsia era aumentato, così come lo stress. «Lo vedevamo molto meno, tornava tardi», spiegano sempre i vicini di casa. Ma non rinunciava a una passeggiata con i bimbi, neanche dopo un turno massacrante. E a tutti, ieri, pareva impossibile che l'infermiere dal viso rassicurante potesse trasformarsi in un omicida.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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