Bocciato il poligono Cellina - Meduna

Venerdì 23 Febbraio 2018
Bocciato il poligono Cellina - Meduna
IL VERDETTO
PORDENONE Sono innumerevoli le criticità (ed è un eufemismo) messe in luce nella relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta che ha indagato sui casi di morte e gravi malattie a carico di militari impiegati in poligoni di tiro e nei siti di deposito munizioni, in relazione all'esposizione a fattori chimici, tossici e radiologici, quali nanoparticelle di minerali pesanti prodotti dalle esplosioni di materiale bellico. E nel corposo documento prodotto sono citati i siti di Aviano e l'area addestrativa del Cellina Meduna, visitata dai parlamentari inquirenti.
IL POLIGONO
Così, circa i rischi connessi alla presenza di gas radon, la cui cancerogenità è ben nota, alla Base Nato di Monte Venda (struttura incavernata veneta, operativa dal 1959 al 1998) è emerso che i militari americani ivi operanti a differenza di quelli italiani, erano stati forniti di adeguata protezione dai diretti superiori, che poi decisero comunque di ritirare le proprie truppe, ricollocandole alla Base Usaf di Aviano, proprio per il pericolo del radon. E, anzi, ad Aviano gli americani avviarono una complessa procedura di bonifica dalle infiltrazioni di questo gas radioattivo, sottoponendo successivamente gli ambienti di lavoro ad accurate e periodiche analisi circa la presenza del killer silenzioso, seconda causa di tumore polmonare. Nessun dubbio poi - relazionano i parlamentari - che le attività svolte presso i poligoni di tiro siano pericolose con rischi connessi ai fumi, alle polveri e alle nanopolveri, contenenti tra l'altro metalli pesanti. Ma anche rischi derivanti dalle emissioni a radiazioni ionizzanti, campi elettromagnetici e radiazioni ottiche artificiali e, non ultimo, agenti chimici e cancerogeni derivanti dall'impiego di carburanti, vernici, solventi e fumogeni.
CELLINA MEDUNA
E qui è entrato in ballo il poligono del Cellina Meduna. Come noto solo ultimamente l'area magredile è stata liberata dai residui delle lunette al torio, componenti radioattive del sistema di puntamento dei missili anticarro Milan, lanciati a centinaia sino a una decina di anni fa. Il ritardo accusato dai responsabili del poligono nel ricostruire l'uso effettuato in passato del missile e nel censire la presenza sul terreno di residui pericolosi come le lunette, dimostra le insufficienze nel governo del rischio si legge nella relazione. Non solo, alla domanda in loco sono stati sparati 300 Milan, ciascuno contenente 3 grammi di torio, ovvero liberando nell'ambiente quasi un chilo di sostanza radioattiva, per lei è un quantitativo significante o irrilevante? Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione del poligono Cellina Meduna ha risposto non saprei, perché non conosco gli effetti sulle persone. Va anche notato che gli enti tecnici delle Forze Armate (Cisam e Cetli Nbc, intervenuti per le analisi nell'area interdetta del poligono pordenonese) riscontrarono la significativa presenza di metalli pesanti, ma non del torio, che invece fu successivamente rilevato dall'Arpa regionale. Una defaillance che non è passata inosservata alla Commissione, che ha anzi riscontrato carenze di organico e deficit nelle capacità operative di questi enti preposti alla rilevazione dei rischi nei siti militari. Tant'è che tra le conclusioni finali della Commissione vi è il motto mai più una gestione del territorio affidata in via esclusiva all'autorità militare, senza interlocuzione con l'amministrazione dell'ambiente, con la Regione e le autonomie locali. C'è da aggoiungere, però, che non sono state prese in considerazione le intense attività svolte (tanto in passato che ai tempi odierni) presso i poligoni pordenonesi di Cao Malnisio, Dandolo, Ciaurlec e lungo il greto del Tagliamento. Inoltre, poco o nulla si sa circa la natura (e relativi rischi) dei vecchi depositi di munizioni di Tauriano, Arzene, Morsano e San Vito al Tagliamento. E non va dimenticato l'amianto ancora presente nei casermaggi abbandonati.
Dario Furlan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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