«Tutele e ammortizzatori»: i riders pronti allo sciopero

Venerdì 13 Marzo 2020
«Tutele e ammortizzatori»: i riders pronti allo sciopero
LA PROTESTA
PADOVA Tra normative in costante evoluzione e chiusure dei locali, un settore all'apparenza potrebbe sembrare in crescita: quello delle consegne a domicilio, specie di cibo e bevande. A recapitarli a chi comodamente da casa può ordinarli via internet, ritirandoli di persona e di persona restando ogni giorno per strada, sono i rider delle grandi società che si occupano di delivery ma che presto potrebbero incrociare le braccia. Glovo, Deliveroo, MyMenu, JustEst e il loro esercito di lavoratori attivi a ogni ora. In bicicletta per lo più, in scooter i più fortunati, con ogni condizione climatica e oggi anche sanitaria. É il mondo dei lavori a cottimo, del più lavori più guadagni seppur con un metro di retribuzione irrisorio.
Sono per la maggior parte giovani, ma se inizialmente predominavano gli studenti in cerca di un modo per arrotondare, oggi sono sempre di più coloro che del rider devono fare la loro unica professione. Le recenti norme ministeriali hanno prima imposto la chiusura dei locali alle 18 e poi quella totale, ma con la possibilità di far ordinare i prodotti e consegnarli a domicilio. A congiungere esercizi commerciali e consumatori è l'anello di mezzo e il più facile a spezzarsi, i rider. Per tutti gli italiani che continuano a lavorare obblighi e buon senso impongono distanze e l'uso di dispositivi di sicurezza, ma le aziende di delivery si sono limitate a semplici raccomandazioni. «Occorre assicurare la distanza interpersonale di almeno un metro. Per questo ti invitiamo a segnalare il tuo arrivo al ristorante e attendere lontano dalla calca, oltre a far sapere di essere arrivato al cliente suonando o via telefono e attendendo a distanza che sia lui stesso a ritirare l'ordine che avrai posato in un luogo sicuro» scrive Deliveroo ai suoi dipendenti.
«Lava le mani e la borsa delle consegne dopo ogni sessione e se possibile porta con te del disinfettante» aggiunge. Misure che il lavoratore deve adottare da sé, tanto che nessuno tranne pochi dipendenti di MyMenu (la più piccola di tali realtà) ha ricevuto mascherine, gel o guanti peraltro quasi impossibili da recuperare privatamente ad oggi. «Contrariamente a quanto si può pensare il lavoro sta calando, anche se dipende dai giorni. Il che per noi significa meno entrate spiega un rider di Deliveroo. Intercettarli è quasi impossibile, durante le consegne non si può perdere tempo e la paura di rimetterci il posto raccontando le reali condizioni di lavoro è tanta non abbiamo alcun tipo di tutela o indennità. Guadagni in base al numero di consegne che accetti di fare: se in questo periodo temi per la tua salute e non ne fai, non raccogli un centesimo. Per campare dobbiamo rischiare la nostra incolumità oltre a mettere a rischio quella altrui. In Inghilterra è stato assicurato un supporto finanziario di quattordici giorni a chi si ammala di Coronavirus, qui non esistono garanzie economiche né di salute».
Le grandi piattaforme sono entità pressoché inafferrabili anche per i loro stessi dipendenti. A Padova non esistono sedi fisiche né uffici, al massimo referenti territoriali. Mentre a Milano, Roma, Bologna e Napoli sono nati un sindacato e alcuni collettivi, a Padova per il momento non esistono simili realtà. Il clima però si sta scaldando: vengono richiesti ammortizzatori sociali e continuità di reddito e i rider hanno già annunciato l'intenzione di incrociare le braccia. «Se distribuire il cibo a casa è considerato indispensabile nell'emergenza allora devono pensarci lo Stato e la Protezione civile. Invitiamo i rider ad astenersi dal servizio e i consumatori a non ordinare e insieme pretendiamo le tutele economiche per non essere costretti a lavorare in una situazione di potenziale rischio per tutti» hanno dichiarato Deliverance Milano e Riders Union Bologna con un appello che presto potrebbe portare allo sciopero anche a Padova.
Serena De Salvador
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