TESTIMONIANZE
MONSELICE Alle sette di ieri sera Michele Chinello avrebbe dovuto

Lunedì 16 Settembre 2019
TESTIMONIANZE MONSELICE Alle sette di ieri sera Michele Chinello avrebbe dovuto
TESTIMONIANZE
MONSELICE Alle sette di ieri sera Michele Chinello avrebbe dovuto indossare la sua amata divisa e tornare in servizio. Avrebbe raccontato della sua ennesima scalata, mostrando fuori le foto della montagna con li occhi che brillano. Lo faceva spesso e tutti i colleghi conoscevano bene quella sua grande passione: «Michele - dicono in coro - era sinonimo di montagna».
Alle sette di ieri sera, invece, alla centrale operativa del Suem 118 di Padova Michele non c'era. Vittima di una tragedia sulle Pale di San Martino, tradito molto probabilmente dall'imponderabile rottura della fune, ha perso la vita a 51 anni. I suoi racconti, la sua euforia e le sue battute contagiose lasciano posto ad occhi umidi ed ad un enorme dolore. Medici e infermieri continuano a fare il proprio lavoro, rispondendo ad un telefono che suona continuamente e correndo da una parte all'altra della provincia. La concentrazione deve restare a livelli massimi, ma dentro di loro portano la morte nel cuore.
LA VISITA
Il direttore Andrea Spagna e il coordinatore infermieristico Andrea Favaretto sabato sono subito saliti in Primiero per stare vicini alla moglie Monica: ora cercheranno di andare avanti anche e soprattutto in nome di quell'infaticabile lavoratore chiamato Michele. Scalatore espertissimo e soccorritore alpino, da undici anni lavorava alla centrale operativa del Suem dopo aver prestato servizio in pronto soccorso negli ospedali di Este e Monselice. Era anche un tecnico di elisoccorso e fino al 2018 si era reso disponibile per le turnazioni nella base di Verona emergenza. Aveva conseguito il titolo di istruttore sanitario regionale, occupandosi di formazione sanitaria dentro il soccorso alpino. Conosceva alla perfezione ogni arrampicata, ogni anfratto dei Colli Euganei. Tanto da arrivare a scrivere, nel 2014, a quattro mani con un amico, il libro Rocca Pendice. Arrampicate nei Colli Euganei
MAGONE
«Siamo tutti provati e abbiamo un magone che sarà impossibile scacciare - spiega il collega Andrea Favaretto -. Michele era una persona molto pura, amava vivere la vita a 360 gradi. Lavorava qui dal 2008, aveva fortemente voluto questo posto perché gli è sempre piaciuto molto lavorare nell'ambito delle emergenze. Si turnava tra il lavoro in centrale operativa, quello nell'auto medica e quello dentro l'elisoccorso, probabilmente quello che prediligeva. Era anche un tecnico di elisoccorso e fino ad un'ora e mezzo si occupava anche di recuperi particolari. Conosceva molto bene la montagna e aveva raggiunto altissimi livelli di competenza. Appena poteva andava ad arrampicare, ma amava i viaggi in generale. Facevo con lui lunghi giri in bicicletta - ricorda Andrea - e mi parlava sempre di quanto amasse stare in mezzo alla natura. Non ho ancora capito bene come sia potuto succede tutto ciò, ma so solo che era un uomo estremamente meticoloso e competente. Sia nel lavoro che in montagna».
L'INSEGNAMENTO
Chinello abitava con la moglie Monica Arcaro (anche lei infermiera, impegnata nei servizi di assistenza domiciliare), in via Pigafetta, nel quartiere residenziale di Marco Polo. La donna è rientrata a casa domenica sera, distrutta. Michele aveva fatto parte del Cai di Padova dedicandosi anche, fino a qualche anno fa, all'insegnamento. Era infatti stato insignito dell'onorificenza massima del Cai: quella di Accademico. «Non vorremo mai scrivere queste righe. La nostra famiglia oggi piange una grande persona. ha scritto il Soccorso Alpino e Speleologico del Veneto Cnsas - Ci stringiamo al dolore di sua moglie e dei suoi parenti».
G.Pip.
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