L'INTERVISTA
LIMENA Al primo piano della palazzina gialla di via del Santo ci

Domenica 6 Giugno 2021
L'INTERVISTA LIMENA Al primo piano della palazzina gialla di via del Santo ci
L'INTERVISTA
LIMENA Al primo piano della palazzina gialla di via del Santo ci sono due terrazzi attaccati. Nel primo c'è un fiocco azzurro, simbolo di gioia e di vita. Nell'altro ci sono solo silenzio e persiane abbassate. I due sentimenti più opposti, a distanza di un metro. Dentro casa Khole ci sono cinque persone che piangono come fontane. Sono mamma Emma e quattro amici di famiglia, stravolti dodici ore dopo aver ricevuto la notizie della morte di Khadim. Il ragazzo viveva qui con la madre e sempre qui - seduta sul divano nero con un fazzoletto in mano e lo sguardo perso nel vuoto - Emma pensa e ripensa a cosa può essere successo.
Signora, che spiegazione si è data?
«Nessuna, nessuna. Sono venuti qui i poliziotti a darmi la notizia ma non ho nemmeno avuto la forza di fare delle domande. Ho letto che mio figlio avrebbe rubato al supermercato, ma di una cosa sono certa: lui non aveva motivo di rubare».
Nessun problema economico?
«Assolutamente no, anzi. Fino al 28 maggio ha lavorato come magazziniere alla Sda qui a Limena, poi il contratto è finito e avrebbe preso la disoccupazione. Il 20 ha preso mille euro di stipendio, ha dato tutto a me e ha avanzato 420 euro. Deve arrivare pure lo stipendio per il mese di maggio. Non abbiamo mai chiesto niente a nessuno e a lui l'ho sempre detto chiaramente: tu non devi preoccuparti perché ci sono io».
Quando ha parlato l'ultima volta con suo figlio?
«Ieri pomeriggio alle tre. Mi ha detto che sarebbe andato a sistemarsi i capelli, è una cosa a cui lui teneva molto. Non so da quale barbiere andasse».
(Interviene un amico: «Andava in centro a Padova, ci sono dei posti dove vanno tutti i ragazzi africani»).
Dalle foto sembrava un ragazzo molto solare.
«Lo era, Khadim aveva sempre il sorriso in faccia. Aveva lavorato come cameriere ad Abano e a Padova, poi come magazziniere. Ma nell'ultimo mese dentro di lui era cambiato qualcosa».
Cosa?
«Non si è mai sentito italiano fino in fondo e negli ultimi tempi questa cosa lo faceva stare parecchio male, soffriva. Mio figlio è nato a Cittadella ed è cresciuto qui ma ha subito delle discriminazioni che ha fatto fatica ad accettare. Io magari sono matura e certe cose le capisco, lui reagiva male e non si tratteneva. Voleva andare via perché pretendeva di avere diritti che qui non trovava. Ultimamente l'avevo visto diverso».
Fino al pomeriggio di venerdì. Dopo il barbiere cosa avrebbe dovuto fare?
«Non lo so, lo sapete come sono i figli a quell'età. Ti dicono che vanno da una parte e poi magari sono a Bassano o a Vicenza. L'ho chiamato all'ora di cena per sapere dov'era e come stava, non mi ha mai risposto. Poi alle undici è venuta qui la polizia».
È stato inseguito dopo un furto al supermercato. Che idea si è fatta di questo gesto?
«Mi sembra davvero impossibile, mio figlio non aveva davvero motivo di rubare. So che è stata fatta questa ricostruzione, vedremo».
Ora che intenzioni avete?
«Può essere che ci rivolgeremo ad un avvocato per capire bene cosa è successo e per una autopsia. Ma non ci abbiamo ancora pensato, questo è il momento della commozione e del dolore».
Suo figlio risultava avere dei precedenti penali.
«Sì ma solo piccole cose, come tanti ragazzi».
(Arriva un altro amico e abbraccia la donna: «È un colpo durissimo per una madre davvero forte, una combattente. Per suo figlio lei ha sempre dato tutto».
G.Pip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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