L'INCUBO
VIGONZA (PADOVA) Il viaggio dei sogni trasformato in un incubo. Una

Lunedì 16 Marzo 2020
L'INCUBO VIGONZA (PADOVA) Il viaggio dei sogni trasformato in un incubo. Una
L'INCUBO
VIGONZA (PADOVA) Il viaggio dei sogni trasformato in un incubo. Una lunga agonia durata quindici mesi e un'enorme esplosione di gioia nel momento meno atteso. La vicenda di Edith Blais e Luca Tacchetto ha coinvolto ben quattro continenti. L'Europa e l'Africa, certo, ma anche l'America (la famiglia della ragazza vive in Canada) e l'Oceania (la mamma di Luca nei giorni scorsi si trovava in Australia per fare visita all'altro figlio). La notizia della liberazione ha fatto il giro del mondo, rimbalzando su tutte le principali testate mondiali, accompagnata dalle foto dei due ragazzi sorridenti nella base Onu. Lo stesso sorriso che sfoggiavano sedici mesi prima, quando erano partiti a bordo della loro Megane sognando di dormire nel deserto guardando un cielo mozzafiato.
GIORNO INFAUSTO
È il 20 novembre 2018. Edith e Luca partono dalla loro casa di Vigonza a bordo di una vecchia Renault Megane con un obiettivo ben chiaro in testa: guidare per oltre diecimila chilometri, attraversando Francia, Spagna, Marocco, Mauritania, Mali e Burkina Faso. La destinazione finale è il Togo, dove sono attesi a gennaio per lavorare come volontari in un villaggio ecologico legato al progetto Zion'Gaia. Non arriveranno mai. Loro non potevo certo saperlo, ma quel 20 novembre è un giorno infausto per gli italiani in Africa: nelle stesse ore in cui la coppia imbocca l'autostrada A4 puntando il confine con la Francia, in Kenya viene sequestrata la cooperante milanese Silvia Romano, non ancora liberata. Stessa terribile sorte toccherà a loro meno di un mese dopo.
L'ULTIMO MESSAGGIO
In questi quindici lunghi mesi Nunzio Tacchetto ha guardato e riguardato, con gli occhi pieni di speranza, un messaggio comparso sul display del suo cellulare alle 23.57 del 15 dicembre 2018. «Stiamo bene, siamo in un locale di Bobo-Dioulasso ad ascoltare musica». Dopo una notte passata a casa dell'amico Robert, conosciuto proprio in Burkina Faso, la mattina del 16 dicembre la coppia si rimette in macchina diretta verso la capitale. «Andiamo ad Ouagadougou a sistemare dei documenti, poi rientriamo e ci salutiamo». Anche in questo caso, però, non rientreranno mai. Pochi giorni dopo il padre Nunzio, ex sindaco di Vigonza, si rivolge ai carabinieri. I funzionari della Farnesina e gli uomini dell'Interpol si mettono immediatamente al lavoro. Anche gli 007 italiani vengono subito coinvolti nelle ricerche e nelle trattative per liberare i due giovani.
L'INCHIESTA
Già, trattative. Fin dai primi giorni, infatti, vengono scartate l'ipotesi di un incidente e di una fuga volontaria. La tesi del rapimento di matrice jihadista prende corpo sempre più, giorno dopo giorno, e non viene mai smentita dagli organi ufficiali. La Procura di Roma, deputata ad indagare sui reati che riguardano italiani all'estero, lavora proprio su questa pista.
LA FIDUCIA
La Farnesina chiede massimo riserbo alla famiglia Tacchetto, che rispetta l'indicazione: non parte per il Burkina e si tappa la bocca. Sulla vicenda cala il silenzio, ma ad aprile 2019 il ministro della Comunicazione del Burkina Faso, Rémis Dandjinou, riaccende i riflettori sul caso: «Abbiamo elementi per affermare che i due ragazzi sono vivi e che non sono più nel nostro Paese». Aveva ragione.
G.Pip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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