I TESTIMONI
CADONEGHE Aycha non era sola. Anche se la sua famiglia abita ancora

Giovedì 26 Novembre 2020
I TESTIMONI CADONEGHE Aycha non era sola. Anche se la sua famiglia abita ancora
I TESTIMONI
CADONEGHE Aycha non era sola. Anche se la sua famiglia abita ancora in Sicilia, qui si era fatta delle amiche. Tra cui una, che abita sempre a Cadoneghe, che per lei era come una sorella. È la donna da cui si è rifugiata quando è scappata da suo marito il giorno prima di fare denuncia dai carabinieri. Ed è anche quella che l'ha sostenuta quando si è presentata in caserma. Ora i figli di Aysha sono con lei, che ieri ha avuto un lungo colloquio con i servizi sociali del Comune.
Mentre l'amica parlava con le assistenti sociali, il marito racconta com'è stato quel primo giorno in casa loro dei piccoli orfani di Aycha.
«I bambini sono tranquilli, non sono andati a scuola anche perché hanno ancora gli zaini nella loro casa. E poi dovevano parlare con l'assistente sociale. Il più grande sta iniziando a fare delle domande perchè secondo me ha capito qualcosa. Vuole sapere della mamma, del papà e che cosa è successo».
Il marito dell'amica che per quasi venti giorni ha ospitato Aycha nella sua casa insieme ai suoi tre figli, racconta che all'alba di ieri i carabinieri sono arrivati a casa sua dicendo cos'era accaduto alla donna e chiedendo se potevano occuparsi dei tre figli della coppia che, al momento della tragedia, dormivano nella loro camera, accanto a quella dei genitori.
«Siamo subito andati a prenderli a casa e li abbiamo portai qui da noi - dice ancora l'uomo - Abbiamo fatto così per non spaventarli. È una bruttissima situazione e mi dispiace tanto per questi tre bambini. Mia moglie e Aycha erano molto amiche e siamo tutti sconvolti. Purtroppo anche se adesso noi cerchiamo di fare finta di nulla, ricorderanno per sempre questo giorno. Noi gli abbiamo detto che lei sta male e il papà l'ha portata all'ospedale e che loro non possono andare a trovarla, ma non credo siano convinti».
Secondo l'uomo, la bambina più piccola della coppia, che ha appena 4 anni, potrebbe essersi accorta o aver sentito qualcosa quella notte. «Ho provato a farle delle domande ma è piccola si spiega poco però credo che abbia capito perché stamattina diceva che dormiva con i genitori e ad un certo momento il papà l'ha portata nell'altra stanza dove c'erano i fratelli. Poi la bambina si è svegliata ed è ritornata nella camera della mamma e lui le ha detto di andare via e restare di là. Questo è quello che ho capito dalle sue parole».
Aycha a inizio ottobre si era trasferita dall'amica perché il marito era troppo geloso e dopo una ventina di giorni, Abdel l'aveva convinta a ritornare a casa. «Qualche settimana fa il marito mi ha avvicinato davanti alla scuola dei miei figli dicendomi che aveva fatto arrabbiare la moglie e che lei ora voleva andare via. Così mi ha chiesto se potevo fare un po' da mediatore per sistemare le cose tra loro, e di convincerla a restare. Allora l'abbiamo convinta a stare, ma dopo due giorni e venuta a casa nostra ed è rimasta circa venti giorni. Purtroppo quella di Abdel non era gelosia, era qualcosa di troppo: era ossessione».
Aycha aveva avuto tre parti cesarei ed una quarta gravidanza sarebbe stata per lei un grave rischio per la sua salute. «Dopo aver fatto una visita i medici hanno trovato che c'era qualcosa che non andava e l'hanno mandata in ospedale, dove ha abortito. Aycha, probabilmente di fronte alle promesse del marito di smetterla con la sua assurda gelosia morbosa, si è convinta a tornare a casa da lui con i figli».
Dopo poco la moglie finisce il colloquio con le assistenti sociali. È dura per lei, perchè ha vissuto i giorni di angoscia di Aycha con lo stesso terrore dell'amica: «Lui è venuto qui un giorno. Lei non c'era. Voleva che tornasse a casa con lui, aveva anche comprato i biglietti per tornare a casa dai genitori in Sicilia. I bambini, i due più grandi, capivano che c'era qualcosa che non andava ed erano preoccupati per la mamma. Loro non volevano andare a casa dal padre».
Ieri mattina sono comparsi davanti al condominio di via Piave 3 anche la sorella di Abdel e suo marito. Sono corsi al primo piano, poi si sono recati in caserma dai genitori. Cappuccio calato sulla testa e mascherina sul volto, non hanno voluto dire nulla, ancora sconvolti dallo choc e preoccupati per la sorte dei tre nipoti.
Lorena Levorato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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