Abusi sulla figlia, padre padrone condannato a 5 anni

Sabato 11 Settembre 2021
Abusi sulla figlia, padre padrone condannato a 5 anni
IL VERDETTO
PADOVA Nutriva una gelosia smisurata. Considerava la figlia una sua proprietà. E non accettava l'idea che potesse avere un fidanzato con cui programmare un futuro e una famiglia. Non voleva che uscisse di casa se non con compagnie femminili. E il suo cellulare era dotato di un gps che ne rilevava qualsiasi spostamento.
Quando aveva scoperto che la ragazza aveva una relazione con un connazionale aveva esercitato minacce e pressioni. Tutto inutile. I litigi non avevano convinto la giovane a fare marcia indietro. Non gli rimaneva altro che lavare l'onta nel sangue. Il 47enne di origini asiatiche aveva raggiunto la ragazza 28enne nella villetta dove lavorava come badante di un'anziana.
Era il 31 luglio di due anni fa. Aveva imbracciato un fucile da caccia sottratto al suo datore di lavoro e aveva fatto fuoco sparando sette colpi da distanza ravvicinata. La ragazza era rimasta gravemente ferita al volto. Il padre aveva poi cercato di farla finita sparandosi a sua volta. Ma senza successo. Aveva allora provato ad impiccarsi. I carabinieri l'avevano trovato appeso, ma ancora vivo.
Anche la ragazza era riuscita a cavarsela. Con un mese di ospedale si era rimessa in sesto. E aveva voluto raccontare ai carabinieri la sua vita d'inferno a fianco di quel padre padrone. Gli investigatori avevano raccolto e sviluppato le prime ammissioni.
Perché quell'uomo tiranno e gelosissimo la considerava una sorta di giocattolo. E ne abusava regolarmente fin dal 2013. Per sei lunghi anni la ragazza aveva dovuto sottostare alle sue perversioni. La Procura aveva aperto un secondo fascicolo a suo carico, con l'accusa di violenza sessuale. Per il collaboratore domestico, difeso dall'avvocato Elisa Carraro, è arrivata la seconda condanna. Cinque anni di reclusione in continuazione con il verdetto pronunciato dalla Corte d'Appello di Venezia nel gennaio di quest'anno (e diventato nel frattempo definitivo): otto anni e quattro mesi di carcere per tentato omicidio, furto dell'arma e violazione di domicilio. É il verdetto pronunciato dal tribunale in composizione collegiale (presidente Mariella Fino). Il pubblico ministero Maria Cristina Gava si era espresso per una pena ancora più alta: sei anni di reclusione.
L'uomo, attualmente ristretto nel carcere di Trento, è quindi atteso da un lungo periodo di detenzione. E a pena espiata dovrà lasciare il territorio italiano. Il tribunale ne ha infatti disposto l'espulsione. La figlia, che ha nel frattempo sposato l'uomo con cui era fidanzata all'epoca in cui ha rischiato la vita, si è costituita parte civile con l'avvocato Maria Simonetta Pastorello. i giudici le hanno riconosciuto un risarcimento a titolo definitivo di quarantamila euro.
Luca Ingegneri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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