LA RASSEGNA
VENEZIA Una fotografia in bianco e nero della prima Biennale d'Arte

Sabato 31 Luglio 2021
LA RASSEGNA VENEZIA Una fotografia in bianco e nero della prima Biennale d'Arte
LA RASSEGNA
VENEZIA Una fotografia in bianco e nero della prima Biennale d'Arte del 1895, cinque sculture in una sala, ha suggerito allo statunitense Shaquelle Charles un lavoro sulla posizione; ispirato alle tele di Emilio Vedova, è invece l'egiziano Mounir Saeed, mentre ai lavori di Pina Bausch e Wayne McGregor appresi da video e interviste, si sono indirizzati gli statunitensi Raymond Pinto e Taliha Abdiel. Ciascuno dei sei coreografi ha lavorato con parte dei ventuno giovani danzatori impegnati nelle attività formative di Biennale College, confrontandosi con il materiale conservato all'Asac, l'Archivio storico delle arti contemporanee della Biennale.
Premessa per i lavori che si potranno giudicare stasera alle 20 alle Tese dei Soppalchi all'Arsenale, nel programma New Work in Progress, titolo voluto dal direttore stesso del 15. Festival internazionale di danza, Wayne McGregor, che ha concesso ai protagonisti di Biennale College Danzatori-Coreografi l'eccezionale materiale: dal quale, in questi giorni, è tratta anche la mostra dedicata a Ca' Giustinian a San Marco ad Ismael Ivo, indimenticato danzatore e coreografo, nonché per anni direttore del settore danza della Biennale, prematuramente scomparso causa Covid.
Nella giornata odierna del Festival la replica, alle 18 al Teatro Piccolo Arsenale, di Hard to be Soft - A Belfast Prayer della nordirlandese Oona Doherty (classe 1986), fresco Leone d'argento. Singolare la sua idea di danza: «Un luogo di vera parità, non di facciata, anti-gerarchico, un luogo che distrugga i borghesi con sudore e calci alti e amore». Sul palcoscenico, la dura realtà urbana da lei stessa vissuta, trasferitasi giovanissima a Belfast dalla parte settentrionale di Londra, con un forte accento inizialmente mal accolto dai compagni di giochi. Un assaggio del suo immaginario proprio in Hard to be Soft - A Belfast Prayer, nel quale memorie d'adolescenza si aprono a possibili universalità: «Voglio creare un'opera di teatro-danza che astragga i ricordi parziali della mia gioventù in Irlanda del Nord in una preghiera luminosa come un neon benvenuti in un limbo bianco lucente!» Il direttore del Festival, Wayne McGregor, nella motivazione di assegnazione del Leone d'argento, sottolinea il non allineamento della Doherty: «Gli interessi e le passioni e il suo istintivo essere controcorrente, non si sono mai incontrati con il mondo della danza istituzionale; ispirata dalla cultura club e da una danza fuori dalle regole, Doherty ha affinato la sua arte per tentativi, con un approccio creativo poco ortodosso, senza filtri e coraggioso».
«Significativo nel suo lavoro - per McGregor - è come riesca a raggiungere e parlare a quanti di solito non vanno a teatro, la sua danza comunica superando confini e generazioni, va dritta al cuore come una freccia» Nei suoi spettacoli, la coreografa coinvolge spesso membri locali: nel secondo episodio di Hard to be Soft - A Belfast Prayer, sono presenti local girls from Venice.
Riccardo Petito
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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