Petrolio, accordo al ribasso al vertice Opec e il barile torna a impennarsi a Wall Street

Sabato 23 Giugno 2018
Petrolio, accordo al ribasso al vertice Opec e il barile torna a impennarsi a Wall Street
IL SUMMIT
New York Il direttivo dell'Opec riunito a Vienna ha deciso ieri un modesto aumento della produzione di petrolio, che riflette le divisioni in atto all'interno dei paesi membri, più che esprimere il messaggio di unità che il summit auspicava. L'obiettivo assegnato è quello di aggiungere un milione di barili all'estrazione quotidiana, che corrispondono alla metà di un punto percentuale del consumo globale. Il conteggio non tiene però conto delle difficoltà che alcuni dei produttori hanno nell'incrementare l'estrazione nella situazione attuale; per questo gli analisti dicono che una stima più realistica è l'aggiunta di soli 600.000 barili al giorno, che forse non saranno sufficienti per calmierare il rincaro in atto (ieri ha New York ha chiuso a 68,58 dollari, più 4,6%).
I DETTAGLI
La settimana scorsa per un breve tempo il barile di Brent a Londra è stato scambiato per 80 dollari, e il trapasso della soglia ha suscitato una pressione da parte del maggior consumatore di petrolio al mondo: gli Usa, per un intervento calmieratore da parte dell'Opec. E' difficile giudicare quanto la decisione di ieri sarà efficace a regolare il mercato, dal momento che a Vienna sono emerse più riluttanze che consensi. Due anni fa l'Opec di fronte al crollo prolungato dei prezzi, aveva deciso con l'aiuto dei paesi non membri dell'associazione come la Russia, un taglio del 2% delle estrazioni (pari a 1,7 milioni di barili), che risparmiava dal sacrificio un paese come l'Iran, il quale si era appena riaffacciato sul mercato globale dopo anni di sanzioni che lo avevano escluso dalle trattative. Se l'obiettivo del taglio è stato centrato, è stato non tanto per dell'obbedienza dei maggiori produttori arabi, ma soprattutto a causa delle difficoltà incontrate dal Venezuela, dove l'industria petrolifera risente la paresi quasi totale dell'intera economia statale, e dal ripristino delle sanzioni Usa contro l'Iran. Di fatto la produzione è scesa di un milione di barili addizionali rispetto al volume ottimale indicato dall'Opec, e di conseguenza le riserve si sono assottigliate dai 31 ai 28 giorni, fino a guidare l'attuale cavalcata dei prezzi. Ci sarà ora da verificare se il nuovo contrordine potrà essere soddisfatto con altrettanto successo. L'Iran è tornato sotto la pressione delle sanzioni statunitensi e non riuscirà a piazzare il suo greggio come ha fatto nell'ultimo anno. Il Venezuela non è uscito dalle paludi della recessione e non sarà in grado di rispondere alla chiamata, e l'Arabia Saudita mostra una certa riluttanza ad alterare il delicato equilibrio di quote sul quale si poggia la pace con i suoi vicini. Forse non è pura coincidenza il fatto che nelle ore successive all'annuncio di Vienna, da Teheran il vice ministro degli Esteri Abbas Araghchi abbia ventilato l'ipotesi che il suo paese possa uscire dall'accordo firmato nel 2015. Per restare legato al patto anche in presenza delle sanzioni Usa, l'Iran chiede una maggiore compensazione finanziaria da parte dei partner europei interessati alla sua sopravvivenza.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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