IL PERSONAGGIO
Dalle hit parade alle tavole golose del Nordest. Maurizio Potocnik

Giovedì 18 Gennaio 2018
IL PERSONAGGIO Dalle hit parade alle tavole golose del Nordest. Maurizio Potocnik
IL PERSONAGGIO
Dalle hit parade alle tavole golose del Nordest. Maurizio Potocnik è il fondatore della casa editrice Magnar Ben e, da ragazzo, protagonista di successi discografici come Imagination e In you eyes con il nome d'arte Reeds. Nella sua vita ha sempre seguito una regola che, a 57 anni, è felice di non aver mai infranto: «Fare al meglio ciò che più piace». È sempre stato attratto dall'enogastronomia, tanto da lasciare il Cadore dove è nato e vissuto da bambino per diplomarsi alla scuola enologica di Conegliano.
Dagli inizi come rockettaro alle vette delle classifiche dei dischi più venduti, il passo è stato breve. Come è iniziata la carriera di Reeds?
«A 15 anni fondai un gruppo rock. Amavo l'inglese così appena ho potuto sono andato a Londra con un amico di Vicenza a farmi le ossai. Al rientro in Italia, mi sono buttato sulla dance perché tirava negli 80».
E il successo?
«È arrivato, ma non subito. Tra 1984 e 1985, quindi tra il mio primo e secondo disco, non è stata una vita facile. Ricordo che per rimanere a Milano andavo all'hotel Brera, 1 stella, credo allora il più brutto della città. Certe sere saltavo anche i pasti, dovevo arrangiarmi con qualche servizio di moda: facevo il modello/cantante e nelle sfilate uscivo per ultimo e cantavo la mia The game. Così sono stato notato. Il boom delle serate e dei dischi doveva ancora arrivare, ma ci ero vicino. Ne ero certo. E poi, da cadorino quale mi sento, sono sempre stato testardo e determinato. Così ho tenuto duro. Con In your eyes nel 1985 ho conquistato il disco di platino e il terzo posto al Festivalbar. Anche con Imagination ho venduto un milione di copie. Ero una delle voci della disco dance, insieme ad altri artisti e amici e che sento ancora come Den Harrow e Sandy Marton».
E la storia del Potocnik gastronomo come è cominciata?
«Nell'87, dopo 11 dischi e forse all'apice della carriera, ho deciso di smettere. Mi sentivo giunto al traguardo. Sono andato a New York per un master in comunicazione e ho lavorato nella pubblicità. Ma il primo progetto tutto mio che ho concretizzato nell'ambito enogastronomico e che ancora oggi porto avanti è stato Magnar Ben. L'ho iniziato nel 1994. Avevo un'agenda zeppa di indirizzi di locali validissimi, da Milano a tutto il Nordest. Posti dove andavo a mangiare dopo i concerti o dove portavo le ragazze (all'epoca ne avevo tante...)».
Magnar ben: perché utilizzare il dialetto?
«Perché ho sempre voluto puntare ai luoghi dove si valorizza l'identità del territorio. Dove il cuoco conosce e sa cucinare bene i prodotti del posto, anche quelli considerati poveri. Nel mio lavoro di editore segnalo ogni anno le insegne dell'Alpe Adria, macroregione che si estende dall'Alto Adige alla Croazia, nella guida Magnar ben, best gourmet».
Andrea Ciprian
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