IL DISAPPUNTO
BELLUNO Mancano stagionali in provincia. Nei campi bellunesi si

Mercoledì 24 Luglio 2019
IL DISAPPUNTO
BELLUNO Mancano stagionali in provincia. Nei campi bellunesi si rischia il lavoro illegale. Sì perché per tutto il Veneto sono arrivati quest'anno solo 831 lavoratori stagionali non comunitari assegnati dal Ministero, quando le domande di manodopera sono state il doppio. Nella provincia bellunese, poi, ne arriveranno solo 45 stagionali e uno pluriennale, contro un fabbisogno di circa un centinaio di persone. Cia Agricoltori Italiani Veneto e Confagricoltura Veneto, a poco più di un anno dalla sottoscrizione del protocollo con la Regione, avvenuta il 21 maggio 2018, fanno il punto sulla reperibilità di lavoratori, per capire se domande e offerta si incrocino. Al momento no. Per la lotta al caporalato, ora come ora, serve uno sforzo maggiore. «Quest'anno spiega Luigi Bassani, direttore di Confagricoltura Veneto - si sta acuendo il problema relativo alla reperibilità della manodopera. Sono tre anni che le quote per l'ingresso di cittadini non comunitari per il lavoro stagionale in Veneto sono state ridotte di due terzi, mentre quelle di altre regioni sono aumentate. Stiamo cercando di avere spiegazioni dal ministero dell'Interno e di riavere le quote sottratte. Lo scopo rimane quello di contrastare forme illegali di somministrazione di manodopera, perché un migliaio di lavoratori in meno concessi equivalgono ad altrettanti lavoratori concessi al Far West del lavoro illegale». Il timore, va da sé, è quello del lavoro in nero e dello sfruttamento. Una frontiera che le associazioni di categoria non vorrebbero vedere oltrepassata. «Ci sono casi eclatanti conferma Maurizio Antonini, direttore di Cia Veneto come quello di Venezia. Una città che vive di turismo, che conta solo a livello alberghiero 8.000.000 di arrivi l'anno e che ha avuto 20 quote per lavoro stagionale. Con questi 20 lavoratori, vanno coperti tutti i settori stagionali, una situazione insostenibile». A Padova sono stati concessi 80 posti su quasi 400 richieste, a Verona i 500 ma comunque pochi se si considera come si cominci a lavorare ad aprile con la raccolta delle fragole, si prosegua a luglio con le pesche, in agosto con le pere, in settembre con l'uva e si concluda novembre con kiwi e olive. Con Venezia c'è un po' di maretta, perché Palazzo Balbi sta interloquendo anche con altre associazioni lasciando ai margini le due promotrici. «Ora prendiamo atto commentano Bassani e Antonini - di un accordo sottoscritto dalla Regione con un'altra associazione, che prevede di fare quello che noi stiamo già facendo a livello locale. Ci chiediamo se sia opportuno che su un tema così delicato e cruciale si decida di interloquire con soggetti che rappresentano solo una parte del vasto mondo dell'agricoltura». (atr)
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