Uomo di Trump stravolge i versi sulla statua della Libertà: è bufera

Giovedì 15 Agosto 2019
LA POLEMICA
NEW YORK «Date a me le vostre masse povere umiliate e prostrate, che anelano alla libertà» c'è scritto da 133 anni alla base di Lady Liberty, la gigantesca scultura all'ingresso della baia dell'Hudson che introduce al porto di New York. Ieri il direttore ad interim dei servizi per l'immigrazione negli Usa, Ken Cuccinelli, ha aggiunto la seguente scritta apocrifa al poema di Emma Lazarus: «Purché camminino sulle loro gambe e non diventino un peso per la comunità».
Il funzionario xenofobo che qualche anno fa ha paragonato la politica migratoria del suo paese alla derattizzazione della città di Washington, intendeva illustrare con queste parole la correzione che a partire dal 15 di ottobre diventerà operativa per il rilascio dei permessi di soggiorno. I candidati che faranno domanda di un permesso permanente (la green card), e che hanno ricevuto una qualsiasi forma di sussidio statale dopo l'ingresso negli Usa, inclusa l'assistenza sanitaria, saranno considerati appunto un «peso sociale» e per questo indegni di conquistare il privilegio.
Nel corso di un'intervista radiofonica con la quale il dirigente pro tempore cercava di spiegare le radici giuridiche del nuovo regolamento, Cuccinelli si è spinto oltre: ha detto che tale privilegio non appartiene di diritto a chi non è nato negli Stati Uniti, inclusi quindi i figli di cittadini che hanno visto la luce all'estero.
Le sue parole non sono una sorpresa: il 51enne avvocato prestato alla politica ha lottato a lungo, quando dirigeva l'avvocatura dello stato della Virginia dieci anni fa, per negare l'accesso alla sanità pubblica agli immigrati legali, e obbligare la polizia a verificare il diritto di soggiorno di ogni persona soggetta anche ai più semplici controlli stradali. Donald Trump lo ha scelto grazie alle sue credenziali per dirigere l'agenzia, e la conferma della nomina è in limbo perché giudicata molto improbabile al senato.
LE NORME
Il concetto del «peso sociale» come discriminante era contenuto già nella prima legge federale sull'immigrazione del 1882 che rifiutava l'accesso a «pregiudicati, lunatici, idioti, e chiunque non sia capace di sostenersi autonomamente dal supporto pubblico». Quella norma è stata nel tempo variamente interpretata dai singoli stati, i quali per secoli hanno regolato indipendentemente uno dall'altro la materia.
Per la prima volta oggi viene evocata dal governo centrale, ed è estesa non solo ai controlli di ingresso nel paese, ma a situazioni di emergenza che possono essere intervenute dopo l'arrivo, e che possono aver costretto persino gli immigranti più volenterosi a ricorrere all'assistenza sociale.
Anche il principio del nativismo che sta dietro la decisione di Cuccinelli non è nuovo, e in passato si è espresso con formule che fino a ieri erano considerate dagli storici tra le più infamanti mai concepite negli Stati Uniti. Tre di esse c'è la legge Johnson-Reed del 1924 che comprendeva in primo luogo l'«Atto di esclusione degli asiatici» dal territorio statunitense.
E poi un sistema di quote disegnato per sbarrare la strada agli «invasori» del tempo che minacciavano l'«omogeneità» etnica del paese. Gli invasori erano gli ebrei, gli slavi e i polacchi, i greci e gli italiani. Italiani come gli avi di Cuccinelli, che forse hanno sofferto per via dell'applicazione di quella legge.
Flavio Pompetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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