La rivolta dello spettacolo: se possono aprire gli stadi allora via libera ai concerti

Giovedì 15 Aprile 2021
LA POLEMICA
ROMA Calcio, sì. Ma il resto? La Dea Palla, come la chiamava Brera, in Italia comanda più di tutti e di tutto. Dunque, si è subito deciso ciò che andava subito fatto: l'apertura dello stadio Olimpico per le quattro partite di Euro 2020 in programma a Roma. Tutto bene, anzi benissimo. Ma perché il calcio può riavere i suoi tifosi dal vivo, mentre gli altri sport non possono e soprattutto i teatri e i concerti devono restare in modalità quarantena? Questo non va giù al ministro della Cultura. E allora Dario Franceschini è passato al contrattacco. Chiede che, «nel caso in cui si dovessero autorizzare eventi sportivi con pubblico, le stesse regole dovrebbero riguardare i concerti e gli spettacoli negli stadi o in spazi analoghi». Ovvero aprire, rispettando regole, contingentamenti e obbligo di mascherina, i teatri. Che proprio perché chiusi da oltre un anno, con attori e maestranze che non lavorano più, sono stati occupati per protesta a Roma (il Globe Theatre fondato da Gigi Proietti), a Milano e in altre città. Franceschini, che aveva già spinto per una riapertura degli spazi culturali il 27 marzo, dovendo poi ingoiare il boccone amaro per la rapida risalita dei contagi, sull'onda della vicenda degli Europei sta insistendo: «Farò di tutti per evitare una ripartenza mini di cinema, teatri e luoghi di cultura». E Palazzo Chigi è disposto a dare ascolto a lui, ai sindaci come Nardella molto mobilitati e agli artisti in lotta.
Il calcio è il calcio, ma la cultura è la cultura: su questo non è possibile nessuna obiezione, e Draghi non è certo contrario a una ripartenza di questo settore. Ovviamente con tutte le cautele possibili e immaginabili. Perché ci vuole poco a trasformare un concerto pop - a proposito: Vasco ha annunciato che rinvia al 2022 il suo tour e così Ligabue e altri cantanti - in un cluster.
Così l'Italia di Roberto Mancini, che giocherà in casa le tre partite del girone e l'Olimpico ospiterà anche un quarto di finale, con pubblico ridotto, diventa l'apripista per i raduni musicali. «Sono d'accordo con Franceschini», dice Mogol, adoratore del calcio oltre che sommo paroliere, e lo dice da presidente della Siae. «Se si apre al mondo dello sport si deve aprire, negli stadi o in spazi analoghi, anche agli eventi culturali e spettacolistici, nel rispetto delle regole», è il parere di Mogol.
LE VIRTU' DEL CLORO
E gli altri sport? Il modello a cui ci si vorrebbe ispirare è quello inglese. In Gran Bretagna da lunedì negli impianti si è tornati a praticare tutti gli sport. E la notizia che arriva dall'Inghilterra sta entusiasmando il mondo italiano del nuoto. Secondo i virologi dell'Imperial College di Londra, il cloro dell'acqua della piscine riduce l'infettività di mille volte in meno di 30 secondi. Chissà se è davvero così, se il cloro batte il Covid, ma sta di fatto che nessuno degli altri sport oltre il calcio vuole restare fermo. Le federazioni di pallacanestro e di pallavolo sono mobilitate. I due presidenti, Gianni Petrucci e Giuseppe Manfredi, hanno firmato una nota congiunta per sottolineare che la Federvolley ospiterà durante la stagione 2021 le Finals di Champions League con due squadre italiane in campo e anche la Volleyball Nations League, mentre Federbasket vede avvicinarsi i playoff dei principali campionati italiani maschili nonché degli incontri amichevoli delle proprie Nazionali in preparazione del Torneo Preolimpico maschile, in programma a Belgrado dal 29 giugno al 4 luglio, e del Campionato Europeo femminile (17- 27 giugno). «Poter contare sull'affetto e sulla presenza del pubblico è una condizione ormai indispensabile, seppure con le dovute garanzie, per programmare una ripartenza che assuma i connotati di un segnale concreto di ritorno alla normalità», scrivono Petrucci e Manfredi. La loro posizione ha trovato il «totale supporto» del presidente del Coni, Giovanni Malagò.
Speranza, che pure è un chiusurista, lascia spiragli di apertura per lo sport. Non così per le discoteche. «Non dimentichiamo quello che è successo l'estate scorsa. C'è una grande differenza perché l'anno scorso non avevamo i vaccini, però quando dico attenzione osserva il ministro della Salute a non fare un passo tropo lungo mi riferisco proprio a questo: il dibattito sulle discoteche lo abbiamo fatto l'anno scorso e ne ricordiamo tutti i risultati, quindi nel massimo rispetto io credo che sia oggi prematuro parlare anche di quest'altro tema».
La palla, sì. La chitarra pure. La pista da ballo, no.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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