«La didattica deve cambiare non si può più insegnare come si faceva 50 anni fa»

Martedì 21 Settembre 2021
Roberto Ricci, presidente dell'Invalsi, la scuola italiana così com'è sembra non rispondere più alle necessità degli alunni e delle famiglie. Su cosa deve puntare l'innovazione? «L'innovazione della scuola è una grande sfida, perché sappiamo bene che la maggior parte dei lavori che esisteranno tra 5 anni oggi non esistono. Quindi dobbiamo preparare i nostri ragazzi alle sfide del digitale e ad una diversa apertura verso l'apprendimento».
In che modo?
«Se parliamo di innovazione e di futuro dobbiamo pensare di formare ed educare le persone a tutto tondo e in questo la scuola è il soggetto più importante».
E' in grado di farlo?
«La scuola con la pandemia ha dato grande prova di sapersi mettere in gioco anche senza preavviso e, spesso, anche senza esserne realmente preparata. Se è riuscita a reagire in quel momento, oggettivamente molto complesso, vuol dire che può e deve essere in grado di affrontare altre sfide molto importanti, come rivedere l'impostazione della didattica».
Che cosa significa, in pratica, innovare la didattica?
«Esistono metodologie ad oggi sperimentali e altre che sono già in uso: vanno dal modello dada, vale a dire la didattica per ambienti, alla flipped classroom dove la classe viene ribaltata. Sono tutti stimoli per gli studenti: è chiaro che non esiste la bacchetta magica ma le nuove metodologie didattiche sono strumenti innovativi fondamentali, che vanno a sostenere il progetto di innovare la scuola».
Il digitale, con la dad ad esempio, ha portato anche tanti problemi, verranno risolti?
«Con i fondi si possono risolvere. Il digitale va utilizzato perché può essere uno strumento potente. Presenta sicuramente aspetti complessi e problematici ma è anche una risorsa veramente importante».
La lezione frontale invece è da buttare via?
«No, perché il problema non è la lezione frontale in sé per sé ma è la lezione frontale pensata come avveniva 50 anni fa».
Come andrebbe utilizzata oggi?
«Anche se il docente resta in cattedra, bisogna comunque inserire tra i ragazzi il dibattito in classe come uno strumento utile perché diventa un modo per coinvolgere gli studenti. Dobbiamo saper mettere a disposizione tanti strumenti e gli insegnanti, che sono dei professionisti della didattica, sceglieranno quello migliore in base agli alunni che hanno di fronte e agli argomenti da trattare».
I docenti sono pronti?
«Molti sì, ma credo sia importante pensare ad una formazione continua del personale scolastico su questi temi».
Nell'atto di indirizzo si punta molto anche sul tempo pieno, perché è così importante?
«È una enorme risorsa, ma il tempo deve essere davvero pieno per rappresentare un punto di forza della scuola italiana: intendo dire che deve essere un tempo di qualità e abbiamo imparato negli ultimi mesi quanto è importante il tempo speso bene a scuola. È una risorsa per tutti».
Anche per le famiglie?
«Sì, certo e soprattutto per chi ne ha più bisogno. Dobbiamo ricordare che la scuola è ancora più importante per coloro che possono contare solo su di essa. Per coloro che non possono contare su altri stimoli, altri incontri o occasioni. Comunque è importante anche per gli alunni senza disagi particolari, anche per i più avvantaggiati perché un buon tempo pieno garantisce la formazione e l'apertura a tutti.»
Oggi non è per tutti?
«Purtroppo no e per questo motivo è necessario intervenire, bisogna prevedere e risolvere le eventuali complessità legate alle infrastrutture e ai diversi territori. Bisogna farlo proprio per dare ai ragazzi il tempo pieno e di qualità».
Il ministero attiverà così anche le mense, è un altro passo avanti?
«Sì, anche la mensa scolastica ha il suo importante ruolo educativo, per far sì che tutti i bambini abbiano il loro pasto e per permettergli di restare a scuola. Dobbiamo essere tutti responsabili verso al nostra scuola e i nostri studenti».
L.Loi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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