L'Alabama vieta l'aborto anche nei casi di stupro

Giovedì 16 Maggio 2019
L'Alabama vieta l'aborto anche nei casi di stupro
IL CASO
NEW YORK Il guanto della sfida è lanciato. La legislatura statale dell'Alabama ha approvato una legge che vieta l'aborto in tutti i casi, con l'unica eccezione di un pericolo per la vita della donna. Gravidanze derivate da incesto o stupro non fanno eccezione. Se una donna rimanesse incinta in seguito a simili aggressioni, sarebbe comunque costretta a portare a termine la gravidanza, e lo stupratore avrebbe un figlio dal suo atto di violenza. Ma se un medico si azzardasse a praticarle un aborto, rischierebbe fino a 99 anni di carcere.
La legge dell'Alabama è manifestamente anticostituzionale, ma non è immediatamente operativa. La scommessa dei 25 legislatori dello Stato del sud - tutti uomini, tutti repubblicani - è proprio di generare una legge contraria alle sentenze della Corte Suprema in modo da causare un ricorso davanti ai nove giudici e magari ottenere da loro una cancellazione nazionale del diritto all'aborto.
IL PIANO
La speranza del movimento antiabortista si basa sul fatto che la Corte si è decisamente spostata a destra, con la nomina di due giudici molto conservatori da parte di Donald Trump. Quella Corte che fino a tre anni fa era divisa fra quattro liberal, quattro conservatori, con in mezzo un moderato che alle volte si schierava a sinistra e alle volte a destra, non esiste più. Ora ci sono cinque giudici conservatori e quattro liberal. E la possibilità che la sentenza Roe versus Wade del 1973 venga revocata non è del tutto peregrina. Vari analisti si dicono convinti comunque che al massimo la Corte concederà agli Stati il diritto di imporre ulteriori restrizioni, ma non arriverà a cancellare la sentenza che liberalizzava l'interruzione volontaria della gravidanza e che la maggioranza dell'opinione pubblica vuole mantenere. Dal 1992, però, anche nella sua versione moderata, la Corte ha ritoccato in senso restrittivo la Roe versus Wade, ad esempio concedendo agli Stati di imporre dei limiti temporali, o imponendo l'obbligo del permesso di almeno uno dei genitori per casi di gravidanza di minorenni, o l'obbligo per la donna di sottoporsi a una ecografia e vedere lo stato di crescita del feto. Quel che è certo è che il tentativo di sfruttare la nuova conformazione della Corte fa moltiplicare le leggi antiabortiste. Prima dell'Alabama, quella più severa approvata era la cosiddetta legge del battito cardiaco, in Georgia e nell'Ohio, in cui si vieta l'aborto dopo che sia stato percepito il battito cardiaco del feto. Il battito si sente intorno alla sesta settimana di vita, quando il feto ha le dimensioni di un chicco di melograno. A sei settimane, molte donne possono non essere consapevoli di essere incinte, e magari solo credere di avere un ritardo mestruale. Ma se sforano la data, le donne in Georgia non possono più ottenere l'aborto, e se lo ottengono diventano colpevoli di omicidio, in quanto al feto viene riconosciuta condizione di persona umana. Tutte queste leggi sono le più estreme adottate dal 1973, ideate appunto per arrivare sulla scrivania dei nove giudici della Corte Suprema. Ma hanno già riscosso critiche durissime da parte delle associazioni per la difesa dei diritti civili, da parte dei gruppi femministi nonché dai numerosi candidati democratici alla presidenza, e promettono di catapultare l'aborto nel mezzo della campagna elettorale dell'anno prossimo.
L'ex vicepresidente Joe Biden, attualmente in cima ai sondaggi, ha detto che sono «tutte leggi anticostituzionali». La senatrice Kamala Harris ha promesso: «Non ci stiamo, lotteremo, questo è un attacco a tutte le donne». Il senatore Bernie Sanders ha protestato: «È il massimo dell'ipocrisia da parte di questi legislatori repubblicani, da un canto chiedono che lo Stato non si intrometta nei loro affari, ma poi vogliono che lo Stato abbia il diritto di decidere di quello che succede nell'utero di una donna».
Anna Guaita
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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