IL RETROSCENA
ROMA Il rientro di Silvio Berlusconi sulla scena politica, dopo

Venerdì 22 Ottobre 2021
IL RETROSCENA
ROMA Il rientro di Silvio Berlusconi sulla scena politica, dopo mesi di assenza e collegamenti-skype, non poteva essere più scoppiettante. Molto del merito va ai giudici toscani che lo assolvono nel processo Ruby-ter insieme al pianista di Arcore Danilo Mariani «perché il fatto non sussiste» e quindi non c'è stata nessuna corruzione in atti giudiziari. Si tratta del primo dei tre processi sul caso Ruby ter, ossia su quei presunti versamenti a ragazze ospiti delle serate del bunga-bunga di Arcore. Testi pagati, per l'accusa, per sostenere la linea delle cene eleganti che hanno ancora due filoni aperti, uno a Milano e l'altro a Roma.
I COMPITI
Ma Berlusconi la scena se l'era ripresa sin dalla mattina volando a Bruxelles per la tradizionale riunione del Ppe che precede il Consiglio Europeo. Tra un saluto alla Cancelliera Merkel e una rampogna alla ministra Gelmini preoccupata per la deriva di FI, il Cavaliere ne ha soprattutto per gli alleati.
«Io professore, Salvini e Meloni allievi». Dopo il disastroso risultato elettorale di lunedì scorso, Berlusconi ha buon gioco nello strapazzare i due leader che faticano a comprendere gli umori di quell'elettorato che per ben tre volte ha permesso a Silvio di andare a Palazzo Chigi. Da buon «professore» il Cavaliere assegna agli allievi i compiti per le vacanze nella consapevolezza che la legislatura è destinata a completarsi e che i due hanno tempo per recuperare in modo da non aver più bisogno di colui che anche ieri è dovuto tornare a Bruxelles in veste di garante della coalizione. Il «percorso» che Berlusconi assegna alla Lega di Salvini è quello che porta al Ppe. «Io ci sto lavorando», assicura, proprio mentre il segretario della Lega annuncia l'ennesimo incontro con Marine Le Pen. Malgrado il tentativo di ridimensionare le tensioni dentro FI tra l'ala governista e quella che da tempo vede nella Lega l'unico approdo, Berlusconi è consapevole che l'alleanza a trazione destra e euroscettica non ha nessuna possibilità di essere competitiva. L'assoluzione nel processo Ruby-ter mette nuova benzina nel Cavaliere che tiene ferma la sua candidatura al Quirinale pur nella consapevolezza che Mario Draghi ha molte più chance di lui. Dice di volerlo a Palazzo Chigi sino alla fine della legislatura perché teme che il passaggio alla presidenza della Repubblica dell'ex governatore della Bce possa portare al voto anticipato. Anche se Salvini, nella riunione con i suoi parlamentari, dice che «Draghi andrà al Quirinale e che la legislatura continuerà», il Cavaliere mostra di non fidarsi troppo dei suoi alleati che nei giorni scorsi hanno esplicitamente proposto l'elezione di Draghi al Colle in cambio del voto. Ma il problema del centrodestra per Berlusconi non è tanto quello del leader, ma di non riuscire a dimostrare agli elettori una capacità di governo anche per le troppe e variegate linee che si esprimono. Quando dice di essere «assolutamente sicuro che quelli che sono i nostri principi fondamentali siano condivisi fino in fondo dai nostri alleati», il Cavaliere indica una direzione che diventa ancora più chiara quando sostiene che «la Lega è ormai lontana dal sovranismo». Più che una certezza sembra un'esortazione che a Bruxelles suona come auspicio vista l'appartenenza dei parlamentari del Carroccio al gruppo di Identità e Democrazia. D'altra parte Berlusconi iniziò a preparare la vittoria elettorale del 2001 iscrivendo FI al Ppe e considera ancora la famiglia popolare come fonte di legittimazione. Aspetta che la Lega maturi il processo altrimenti, è convinto, avrà avuto ragione la Gelmini e ognuno andrà per la sua strada. D'altra parte Berlusconi e le sue aziende non possono restare in un'alleanza composta da partiti emarginati in Europa e di conseguenza anche in Italia. Le rassicurazioni date ieri l'altro a Salvini e Meloni sul sistema elettorale, («No al proporzionale») sono quindi condizionate ad un'evoluzione che attende soprattutto da una Lega che per Berlusconi è ancora quella di Umberto Bossi, e quindi strettamente legata agli interessi del Nord e non a quella dei pensionati o di chi percepisce il reddito di cittadinanza che ora Salvini contesta, ma che votò ad inizio legislatura.
Ai suoi parlamentari e alla pattuglia al governo, Berlusconi chiede ora compattezza anche per pesare nella scelte dell'esecutivo e nella partita del Quirinale. La scelta di Paolo Barelli come capogruppo alla Camera dopo l'elezioni in Calabria di Occhiuto, va in questa direzione perché «i tempi in politica sono tutto», ha sempre sostenuto l'ex premier, e ora non è tempo per le risse ma di sostenere Draghi, senza quindi dividere ulteriormente il partito e il centrodestra. Poi, dopo le amministrative del prossimo anno, «tireremo le somme».
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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