Casa Spadafora laboratorio rosso-giallo le chance del MaZinga passano da qui

Domenica 25 Agosto 2019
Casa Spadafora laboratorio rosso-giallo le chance del MaZinga passano da qui
IL PERSONAGGIO
ROMA Non è una casa grande. Ma è la casa giusta. Non poteva che svolgersi qui, in questo appartamento dietro a Piazza Navona, il summit MaZinga - tra Di Maio e Zingaretti, con un po' di pizza bianca e tanto impegno per miscelare il cocktail giallo-rosè - perché il padrone di casa è l'incarnazione del superamento della fase leghista dei 5 stelle e dell'apertura a sinistra. «Non ci sono margini per tornare con la Lega», ha ripetuto fin dall'inizio della crisi il sottosegretario che da sinistra viene e a M5S è approdato, ma sempre restando il moderato che è. E sta proprio nel suo approccio mai contundente il quid di Spadafora che in queste ore è più richiesto che mai. Un tessitore che sa parlare con Franceschini, entrambi di provenienza Margherita, un mediatore in un movimento povero di pontieri, un politico d'esperienza in un mondo grillino che fatica ad entrare nella fase adulta. E dunque, anche Zingaretti per parlare con Di Maio parla con Vincenzo. «E' persona saggia», così lo descrive il leader Pd, «e non è che ce ne siano in abbondanza...». Come sa bene Di Maio. Di cui si dice: «Quando prende le decisioni sbagliate, le prende perché non si è consultato con Spadafora». Ma magari con Buffagni o altri così.
Lui ha quel classico stile democristiano del low profile e quel know how cattolico di tipo lettiano che risulta prezioso in fasi così. E la sua casa è diventata, come lo è stata nella stagione prodian-ulivista quella di Franco Ricardo Levi a via Margutta o come lo fu l'appartamento del dalemiano Nicola Latorre al Testaccio in cui il Max arruolò Di Pietro per il Mugello nel 97, il luogo naturale di una svolta possibile. L'approccio morbido del consigliere di Di Maio - ora sottosegretario a Palazzo Chigi con la delega alle Pari Opportunità e nella scorsa legislatura addetto alle relazioni istituzionali del presidente della Camera cioè di Luigi - mal si è conciliato sia con l'anima barricadiera del grillismo hard sia con la politica felpa&ruspa di Salvini. Ma quando si tratta di alzare la voce, Vincenzo a suo modo sa farlo come nel caso del ddl Pillon («oscurantista») e quando la situazione giallo-verde ha cominciato a sbriciolarsi Spadafora ha sussurrato una frase ultimativa: «Almeno non sentirò più la parola Pillon».
SCUOLA RUTELLI
Nato ad Afragola nel 74, viene da una buona scuola il mediatore stellato: quella di Rutelli. Francesco parla bene di lui: «Pragmatico, bravo, affidabile». Ed è stato capo della segretaria di Rutelli al ministero dei Beni Culturali, nel 2006. Dal 2008 è presidente del comitato italiano per l'Unicef e poi Garante per l'infanzia. Sarebbe stato ministro nel governo uscente, ma la sua esperienza, l'avere un bagaglio politico pregresso e non essere un novizio né un nuovista ha suscitato il sospetto dei panzer del grillismo e dunque niente. A lui si deve comunque il tentativo di emancipare Di Maio dal movimentismo ideologico, ed è stato Spadafora sia a introdurre il vicepremier in Vaticano sia a preparare il suo primo viaggio di accreditamento Oltreoceano. Acerrimo avversario di Salvini, l'altra volta in Senato, quando il leader lumbard ha baciato il rosario, Spadafora è uscito dall'aula per non vedere la scena: «La religione è una cosa seria». Lo è anche la politica, per chi ancora - e Vincenzo non è tra questi - non lo avesse capito.
Mario Ajello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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