Dall'officina a un impero metalmeccanico da 1500 dipendenti: «E' stata la dea Athena a portarmi fortuna»

Lunedì 22 Gennaio 2024 di Edoardo Pittalis
Dall'officina a un impero metalmeccanico da 1500 dipendenti: «E' stata la dea Athena a portarmi fortuna»

LONIGO - Si è portato appresso un sogno e un nome e li ha fusi nella realtà. Il nome è quello di una dea greca, Athena, scoperta da bambino sulle pagine del libro di mitologia. Il sogno è quello del ragazzino di 13 anni che guidava il trattore per aiutare il padre nei campi e vedeva passare sulla strada confinante gli amici a bordo del motorino perché già lavoravano in fabbrica. Promise a se stesso che un giorno avrebbe avuto una sua fabbrica. "Ma per fare cosa, Gianni?" chiedeva il padre. "Non lo so ancora", rispondeva lui. A 77 anni Giovanni Leopoldo Mancassola, di Lonigo, con la sua "Athena", ha creato un piccolo impero industriale che parte da Alonte ai piedi dei Colli Berici e s'affaccia sul mondo. Produce articoli tecnici per l'industria metalmeccanica, motori per compressori, elettropompe, macchine agricole, trattori, moto di ogni genere. Sedici linee di prodotti. Anche stampaggio di gomma e taglio laser di ogni materiale, compresi granito e acciaio.
Quartier generale esteso su 30 mila metri quadrati, con 550 dipendenti; uno stabilimento a Brindisi. Un migliaio di dipendenti tra Brasile, Usa, India e Hangzhou in Cina. Il fatturato è di 150 milioni di euro.

Giovanni è presidente del consiglio di amministrazione della holding, lo affiancano i figli Renzo, Gilberto e Michele. Tutto è incominciato nel 1973 con una piccola fabbrica di guarnizioni. Era la rivincita dei Mancassola espulsi dall'agricoltura: Guglielmo il padre, piccolo imprenditore con campi in affitto; Giovanni e il fratello Carlo.


Siete partiti da stalle trasformate in officina?
«Papà Guglielmo era stato l'unico della sua famiglia ad avere avuto la possibilità di studiare. Andava a scuola a Lonigo percorrendo molti chilometri a piedi, poi è arrivata la Grande Guerra, tre suoi fratelli sono stati richiamati per il fronte, così lui dopo il ginnasio ha dovuto lasciare gli studi per lavorare. Ma ha promesso che almeno un figlio avrebbe potuto studiare. Le vacanze di noi sette fratelli si facevano in campagna a lavorare, i nostri terreni confinavano con la strada statale. Era un periodo di forte crescita in tutta la zona, qui c'era la fabbrica di caldaie Ferroli e vedevo sfrecciare i miei compagni sulla moto comprata lavorando come operai. Io avevo una bicicletta. Un giorno dico ai miei genitori che voglio andare alla Ferroli, che anch'io voglio la moto. Ho fatto subito la scuola professionale, sono anche aggiustatore e tornitore meccanico».


E il diploma sognato dal padre?
«Proprio mentre mi chiamano a fare il militare mi accorgo di aver sbagliato, che mi sarebbe piaciuto diventare ragioniere Mi sono diplomato come privatista il 21 luglio 1968, due giorni dopo ero già impiegato in un'azienda di Montecchio Maggiore, la Lowara, produttrice di pompe. Sono entrato col numero di matricola 12 e nel 1979, quando sono uscito, eravamo al numero 1100. Ma già nel 1973 con mio fratello Carlo avevamo deciso di cambiare: il proprietario dei nostri campi aveva deciso di metterli in vendita, Carlo non voleva fare per tutta la vita il contadino e io avevo un progetto: produrre guarnizioni. In azienda hanno chiesto che rinviassi l'uscita garantendomi il tempo per aiutare mio fratello. La nostra piccola ditta si chiamava già Athena, la passione per la mitologia greca era nata alle medie: mi piaceva questa dea potentissima, armatissima, che con la saggezza aveva sempre evitato le guerre. Nel 1979 entro in pianta stabile nella nostra azienda nel frattempo cresciuta. Nelle vecchie stalle a Bagnolo di Lonigo avevamo costruito la prima officina, ancora esiste come deposito. Il trasferimento ad Alonte è iniziato nel 1985».


Aveva già il sogno della grande impresa?
«Il mio sogno era quello di vendere i prodotti in tutto il mondo col nostro marchio. Con le acquisizioni ci siamo riusciti. Ho incominciato partecipando a tutte le fiere in Europa e negli Usa, soprattutto alle fiere della moto. Ho percorso l'Europa in macchina, volare allora era un lusso. In quegli anni 80 e 90 i ricambi delle moto dovevano avere un nome giapponese, noi dovevamo conquistare il mercato con la qualità: oggi siamo azienda leader in Europa e in Brasile e siamo competitivi negli Stati Uniti. Abbiamo seguito i nostri clienti anche nelle loro esigenze, quando occorreva abbiamo fatto acquisizioni per lo stampaggio dalla gomma al metallo, al vetro. Tra i nostri clienti importanti ci sono: Sit La Precisa di Padova, Carraro di Campodarsego, la Carraro del mondo dei trattori, la Piaggio, Bmw, Ktm, Ducati e quasi tutte le aziende produttrici di moto comprese le giapponesi, dalla Honda alla Suzuki. Siamo diventati un gruppo di aziende, le consociate estere sono sotto la nostra direzione tecnica e gestionale. La prima acquisizione in Brasile risale al 1999, poi società in USA dal 2004 al 2019, in India nel 2010 e nello stesso anno in Spagna. Nel 2016 in Cina. E tutte le società si chiamano Athena».


Come è oggi il mercato?
«Debole, molto incerto, molto confuso a causa delle guerre e per gli stravolgimenti economici e sociali. Dopo l'Ucraina ora in Medio Oriente, è un disastro. Le navi non passano più per Suez, devono circumnavigare l'Africa e i noli sono aumentati di cinque volte. Abbiamo affrontato tutte le crisi, da quella venuta dall'America al Covid, abbiamo sempre predisposto contromisure e ne siamo usciti più attrezzati di prima. Nel 2009 c'è stata una flessione del 35% nel fatturato, anche il Covid ha portato inizialmente una brutta frenata, ma il 2020 alla fine è stato un anno da incorniciare per i risultati. Il Bonus 110 ha drogato il mercato, ha portato ordini tre volte superiori alla capacità produttiva ma anche al rialzo delle materie prime. Guardiamo al 2024 con consapevolezza, convinti che supereremo anche questa».


L'esperienza più esaltante?
«Avere avuto l'opportunità di mettere insieme una grande squadra di donne e uomini. Poi la politica delle acquisizioni che ci ha portato a concepire un'azienda strutturata con competenze che prima non avevamo. In Brasile, dove ci sono 250 dipendenti, abbiamo avuto la fortuna di trovare un imprenditore che sembriamo clonati: il socio ha papà portoghese e mamma italiana di Trento che parla il taliàn. Ogni anno a febbraio con mia moglie Luciana andiamo in Brasile nello stato di Santa Catarina che è pieno di discendenti degli emigrati veneti. La più complessa è stata in India, dal punto di vista sociale, delle tradizioni, della lingua: la sfida più dura, ma oggi abbiamo una bella azienda. Più semplice in Cina, i cinesi sono molto orientati al business e al far bene le cose. Meno facile negli Stati Uniti che sono il mondo più avanzato, ma non per la metalmeccanica».


Commerciate col mondo intero partendo dalla pianura Vicentina?
«Era questo che desideravo fare. Il sogno del ragazzo che guidava il trattore e vedeva passare i suoi amici con la moto e una moto non l'ho mai avuta. Avrei voluto una Harley Davidson, adesso è tardi per montarci sopra. Mi sarebbe piaciuto pilotare un aereo, ma non ho avuto il tempo per il brevetto».


Per molti anni ha giocato come mediano di spinta nella squadra aziendale, per scendere in campo rientrava in fretta dall'estero. E adesso la nuova passione: dal 2016 c'è la Cantina Mancassola a Lonigo sui Colli Berici, produzione di prosecco doc, taj rosso dei Colli, Garganega. Centomila bottiglie all'anno.
«Sono tornato alle origini, ma se potessi scegliere ancora una volta cosa fare, tra la terra e la fabbrica sceglierei Athena. Dei fratelli sono il solo che ha conservato l'amore per la terra, mia moglie è più brava e anche mia nuora che fa l'imprenditrice vitivinicola».

Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 13:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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