La città del Grappa dopo il tribunale può perdere anche l'archivio di Stato: solo due mesi per salvarlo

Venerdì 21 Ottobre 2022 di Claudio Strati
Giovanni Marcadella e la sede dell'archivio di Stato di Bassano, a rischio chiusura (Google street view)

BASSANO - Sparito il tribunale di Bassano nonostante le decine di milioni investiti per la "nuova sede", spariti altri uffici istituzionali, il depauperamento della città del Grappa prosegue. Ora a rischiare l'esilio è l'Archivio di Stato, che qui funziona da oltre trent'anni ed è da sempre punto di riferimento per professionisti, studenti, studiosi, storici, ricercatori, "semplici" cittadini a caccia di dettagli che possano aiutarli in certe pratiche a garantire i loro diritti.

Tra poco più di due mesi potrebbe essere scritta la parola "fine".

La precarietà è iniziata nel 2017, quando a fronte di tagli ministeriali annunciati la giunta Poletto guidò una cordata di Comuni e associazioni che riuscirono a tenere in città l'istituzione culturale, garantendo un servizio al pubblico e impegnandosi a trovare in tre anni una soluzione definitiva, che non ci fu. Poi però la giunta Pavan rinnovò la convenzione per altri tre anni, ma a fine anno scade e non si vedono soluzioni all'orizzonte.

Il pool rimasto bloccato

«Nel 2017 venne formato un pool per il progetto "salviamo l'archivio " - spiega Giovanni Marcadella, ex direttore dell'archivio e oggi sostenitore della sua causa come presidente dell'Associazione Amici degli Archivi - ma il gruppo di studio si bloccò per la disputa tra Ministero e Soprintendenza sulla figura da designare al suo interno. La cosa perciò rimase nel limbo. Non si riuscì ad attuare una soluzione definitiva, tuttora attesa. Allora si riuscì ad alleggerire il ministero di alcune spese, prese in carico da diversi Comuni e sodalizi e privati, le suore Sacramentine abbassarono il canone d'affitto della sede da 50 a 40mila euro l'anno, mentre l'apertura in determinati orari veniva garantita da personale in arrivo dall'Archivio di Vicenza, che sovraintende alla struttura».

La sede dalle suore

La sede nel monastero delle Sacramentine in via Beata Giovanna la trovò, a inizio anni '90, proprio Marcadella (che in carriera ha ricoperto incarichi a Vicenza e Trento) quando aprì la sezione bassanese. Circa duemila metri quadri, su tre piani, con spazi adeguati per il deposito dei documenti e per i visitatori. Negli anni l'archivio aveva almeno una decina di visitatori al giorno, media che si è abbassata durante la pandemia e che ora si sta rialzando, anche se «con orari parsimoniosi decisi da Vicenza, con una situazione di organici disastrosa».

Documenti da dieci secoli

Ma cosa c'è all'Archivio di Stato di Bassano? «I documenti più antichi sono del XII secolo - risponde Marcadella - e si tratta di documentI di tipo notarile legati a istituzioni religiose. Sotto il profilo civile invece il più antico è il fondo dei notai di Bassano della fine del Trecento. Poi ovviamente il patrimonio si è incrementato con documenti di catasto, notarili, di stato civile. Alcuni dei fondi erano a Venezia e vennero trasferiti a Bassano».

Il rischio disgregazione

E adesso cosa può succedere? «Se non si provvede almeno a prorogare nuovamente la convenzione, tutto il patrimonio documentale di Bassano finirà per prendere la strada dei luoghi "in cui c'è posto", quindi a Vicenza, a Verona, a Venezia e anche altrove, con una disgregazione molto negativa per l'utenza che sarà sempre più in difficoltà nel cercare e reperire le carte necessarie - dice Giovanni Marcadella -. Ad esempio al momento già l'Archivio di Vicenza non sa dove mettere le sue cose, e anche altre sedi sono sature. Soluzioni alternative a Bassano non ce ne sono e a fine anno può accadere l'irreparabile, con lo sradicamento dei documenti. Nel frattempo un gruppo di studio sulle soluzioni tecniche è in piedi, formato da Amici degli Archivi, Rotary Bassano Castelli che fa da capofila,  e altre energie».

«Gli spazi non mancano, ma...»

Ma voi cosa proponete? «Spazi non mancano, basti pensare al vecchio tribunale. C'è bisogno intanto di prorogare la convenzione e poi, stavolta sì, creare un progetto plausibile. Una "casa comune", un unico edificio per risparmiare ma nel quale concentrare anche altre raccolte archivistiche sparse, ad esempio quelle di biblioteca e museo. Va tenuto conto che lo Stato non cede ad altri il proprio patrimonio, va studiata una modalità ad hoc. Quando ero direttore a Trento la provincia autonoma lavorò su una situazione simile».

Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 00:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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