VERONA - Sulla bozza si chiama MuVin, non è escluso che in corso d’opera diventi MuWine, ma la sostanza non cambia: Verona si sta muovendo per avere un Museo Internazionale del Vino da far invidia (e concorrenza) a quello di Bordeaux.
L'IDEA
Ma chi ha avuto l'idea? «Io», dice Enrico Corsi, 59 anni, veronese, eletto in consiglio regionale con la Lega, già al secondo mandato quando prese il posto di Luca Coletto divenuto sottosegretario alla Salute. «Anni fa sono stato con degli amici in Scozia, a Edimburgo, dove abbiamo visitato un bellissimo museo del whisky. Al ritorno a casa mi sono chiesto perché non promuovere con la formula del museo il vino. Ho cercato in giro per l'Italia e ho scoperto che da noi c'è ben poco, il museo nel castello di Barolo ma non molto di più. Cerca e cerca, ho trovato Bordeaux, l'unico museo internazionale al mondo del vino. Sono andato a visitarlo nell'autunno del 2019: mi hanno detto che dopo quattro anni sono arrivati ad avere 500mila visitatori e un fatturato di 13 miliardi di euro. E mi sono reso conto che a Verona si può fare una cosa analoga se non addirittura migliore».
Perché Verona? «La scelta di Verona non è casuale: il Veneto è la prima Regione d'Italia e Verona la prima provincia italiana per produzione di vino. L'Università di Verona ha un corso di laurea in scienze tecnologiche viticole ed enologiche. La città di Verona ha la più importante fiera internazionale del vino, il Vinitaly». E poi ci sono i flussi turistici - circa 17 milioni di visitatori - e i collegamenti: autostrada, ferrovia, aeroporto. Tutta roba che le Colline del Prosecco non hanno o hanno in minima parte. E c'è anche una legge: l'ha presentata lo stesso Corsi sul finire della scorsa legislatura e prevede l'istituzione degli eco-musei del vino.
L'ITER
Corsi ha già fatto fare il master plan del MuVin, dice di averne parlato con il sottosegretario Gian Marco Centinaio, il sindaco Federico Sboarina, i Consorzi del vino, ovviamente con il governatore Luca Zaia. L'area è stata individuata: le ex Gallerie Mercatali, 19mila metri quadrati che la Fiera dovrebbe dare in concessione almeno ventennale alla costituenda Fondazione, uno spazio strategico tra il centro storico e Verona Sud con la previsione di collegare il MuVin ai padiglioni fieristici portando sotto terra, con una galleria, la strada di attraversamento. «L'analisi economica è stata giudicata più che soddisfacente - dice Corsi -. La stima è di ammortizzare i costi in due anni perché dal terzo, con 300mila visitatori, si avrebbero già gli utili». Un museo con i vini di tutto il mondo, ma anche percorsi esperenziali, la sala aste, un'area per l'olio e l'aceto, la biblioteca, il mercato, l'area formazione, gli spazi ovviamente per le degustazioni. Appunto, un Vinitaly aperto tutto l'anno ma molto più ricco e composito della nota manifestazione fieristica. Un'operazione - dice Corsi - da 30 milioni di euro che dovrebbe però contare anche sui finanziamenti europei e del Pnrr, passando per i ministeri dell'Agricoltura e della Cultura e coinvolgendo Regione, Provincia, Comune. «Quanti soldi abbiamo adesso? Zero - dice serafico il consigliere regionale - ma il denaro è l'ultimo dei problemi».
LE FASI
Quattro gli step previsti: costituire la Fondazione («Lo statuto è praticamente pronto»); trovare i soci fondatori, sia pubblici che privati; raggiungere l'accordo con la Fiera per la concessione delle ex Gallerie mercatali; avviare la sottoscrizione per la raccolta dei fondi e quindi le pratiche per ottenere un mutuo. «Prima delle Olimpiadi del 2026 il Museo del Vino sarà pronto». Eccessivamente ottimista? Corsi sorride: «È un progetto bellissimo che si ripaga in pochissimo tempo».