Vincenza Memo, la merlettaia che ha salvato la tradizione

Lunedì 19 Aprile 2021 di Alberto Toso Fei
Vincenza Memo “Cencia Scarpariola”

VENEZIA - Quando nell'inverno del 1872 la contessa veneziana Andriana Marcello, sostenuta dall'onorevole Paulo Fambri, decise di intervenire per far rifiorire a Burano la lavorazione del merletto, a conoscerne i segreti era rimasta in vita solo lei, Vincenza Memo, la “Cencia Scarpariola”, come la chiamavano tutti sull'isola.

A quell'epoca era già ben oltre i settant'anni, e non ci vedeva praticamente più. Fu dunque attorno alle sue mani, e alla memoria delle sue mani, che rinacque una disciplina secolare un attimo prima che potesse accadere l'irreparabile.

A Burano infatti il merletto non si lavora con il tombolo, ma rigorosamente con ago e filo, senza alcun altro supporto che le mani: il cosiddetto “punto in aria”, che le merlettaie buranelle hanno perfezionato in più tecniche e più intrecci ai quali hanno dato diversi nomi: punto cappa, punto rosa, punto ago, ma soprattutto il punto Venezia e il punto Burano. Una ricchezza inestimabile di sapere e di saper fare che è candidata all'Unesco per essere dichiarata patrimonio dell'umanità.

Il merletto di Burano (alla cui origine è legata una leggenda che racconta di un pescatore che resiste al canto delle sirene per il grande amore che prova per la sua amata e viene premiato con un trine fatto di schiuma di mare che la donna riproduce con le sue mani) si salvò dunque per merito di due donne: Vincenza Memo e Andriana Marcello, che con l'aiuto della principessa Maria Giovannelli Chigi – allo scopo di alleviare condizioni economiche dell'isola, all'epoca non certo rosee – diedero vita alla “Scuola del Merletto” presso l'antico palazzo del Podestà (dove si trova tutt'ora e dove esiste un bellissimo museo).

“Cencia Scarpariola” trasmise tutti i suoi saperi alla maestra elementare dell'isola, Anna Bellorio d'Este, che a sua volta li passò alle figlie e a un primo gruppo di ragazze. Era appunto il 1872: tre anni più tardi la scuola contava già oltre un centinaio di allieve. Le bambine (che venivano ammesse a 12 anni) lavoravano sei ore al giorno durante l'inverno, sette in estate. Al compimento del diciottesimo anno si entrava a far parte del gruppo delle lavoranti esperte. Quando ci si sposava, si lavorava in casa.

Né Adriana Marcello (che morì nel 1893 lasciando al figlio il compito di continuare la sua opera) si limitò a questo: il marketing era indispensabile. Grazie alle sue conoscenze nell'ambito della nobiltà europea (era dama di compagnia della regina Margherita) ottenne commesse dalla principessa Sofia di Sassonia e dalla duchessa di Hamilton; dalla contessa Bismarck e dalla principessa Pauline von Metternich; dalla regina d'Olanda Emma di Waldeck e Pyrmont e dalla stessa Margherita di Savoia. Ben presto possedere un autentico merletto buranello divenne un imperativo, che fece rifiorire il lavoro e il commercio.

Pochi anni più tardi entrò a far parte della scuola un'altra merlettaia entrata nella moderna leggenda isolana: Emma Vidal che – nata nel 1916 – è morta a 103 anni, nel 2019, senza aver mai smesso di lavorare il merletto (e senza avere la necessità di usare gli occhiali...). Piccolissima, i capelli sempre raccolti con garbo, la si poteva incontrare facilmente mentre lavorava seduta accanto alla grande vetrata del museo, che espone una foto del 1940 nella quale lei era già presente. Non si era mai sposata e la sua vita – come lei stessa diceva – era stata contraddistinta da due amori: quello per il merletto e quello per Dio. Dalle sue mani sapienti uscirono la culla di Maria Pia di Savoia e l’emblema vescovile di Paolo VI.

Su di lei, sul suo lavoro e più in generale sul lavoro del merletto e delle sue donne hanno lavorato con passione negli ultimi anni l'attrice Chiarastella Seravalle e l’associazione Culturale Arte-Mide (in collaborazione con l'indimenticabile e straordinaria storica dei tessuti e della moda Doretta Davanzo Poli), che hanno realizzato il cortometraggio “Emma Vidal, una vita per il merletto” e più in generale lavorano sul format “Il Filo delle Donne Venexiane”, costituito da una serie di spettacoli teatrali incentrati sulla riscoperta e diffusione della storia delle donne veneziane che hanno lasciato un segno di indipendenza e autonomia femminile in città, nel corso dei secoli.

Illustrazione di Matteo Bergamelli

Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 09:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci