Ragazzo di 15 anni si incastrò con la bici sulle rotaie del tram: risarcito con 100mila euro dopo 13 anni

Sabato 9 Aprile 2022 di Nicola Munaro
MESTRE I rilievi dell'incidente sulla rotaia
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MESTRE  - Il tram era entrato in funzione da poco quando il 4 settembre 2009, a Favaro, un quindicenne di Mestre si incastrava con le ruote della sua bicicletta sulla rotaia del serpentone rosso: caduta inevitabile e lesioni al volto e alla parte superiore del busto, con un’eredità fatta di ricoveri e lunga convalescenza. Quasi tredici anni dopo la Corte d’Appello civile di Venezia ha confermato, per quella caduta, la condanna del Comune di Venezia e Avm - all’epoca Pmv - al pagamento in solido di un risarcimento da centomila euro al ciclista, assistito dall’avvocato Giorgio Caldera. 
La dinamica ricostruita dell’incidente era stata quella di un semplice sorpasso in bicicletta di una macchina ferma sulla carreggiata in via San Donà. Rientrando dal sorpasso il ciclista si incastrava sulla rotaia del tram con la ruota della bicicletta cadendo in avanti sull’asfalto. Il quindicenne aveva chiesto e ottenuto il risarcimento in primo grado con una sentenza del giudice di Venezia innovativa in materia, considerando la responsabilità degli enti per la mancata segnalazione della “pericolosità” della rotaia, peraltro posizionata su di una sede stradale “promiscua”, destinata al passaggio di qualsivoglia veicolo, motociclo, ciclomotore o bicicletta. Decisione che era stata impugnata tanto dal Comune quanto dalla municipalizzata dei trasporti che però, lo scorso marzo, si sono visti respingere le proprie tesi.
Nella motivazione della sentenza il giudice di secondo grado ribadisce la pericolosità del tipo di rotaia per le cui caratteristiche “occorreva o limitare la circolazione dei velocipedi ad apposite piste o non consentire lungo quel tratto di strada la circolazione di biciclette”. Oltrettutto, nonostante il passaggio delle bici fosse consentito, “lungo via San Donà mancavano cartelli che segnalassero la presenza della rotaia”. E non poteva bastare il volantinaggio degli enti pubblici che informavano del comportamento da tenere vicino alla rotaia a mettere in sicurezza i ciclisti dai pericolo. 
“Il ciclista cadde perché non aveva la possibilità di controllare il manubrio rimasto incastrato in corrispondenza del binario” si legge in sentenza. La conclusione è poi netta nell’individuare le responsabilità.
“L’esame della pericolosità dell’incavo del binario per la ruota di una bicicletta - scrive il giudice d’Appello - avrebbe dovuto essere condotto dalla società che aveva realizzato l’infrastruttura e dal proprietario della strada. Il pericolo per le ruote non era stato segnalato”.
 

Ultimo aggiornamento: 16:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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