VENEZIA - Giunte in Sicilia con i barconi carichi di immigrati, 15 giovani nigeriane sono state costrette a prostituirsi per pagare le "spese di viaggio" a due connazionali, di 43 e 52 anni, le quali sono state così arrestate dalla polizia di Venezia che ha indagato altri 10 africani e compiuto 7 perquisizioni tra Mestre e le province di Padova e Verona.
Le due mamam e, a vario titolo, gli altri indagati sono accusati di favoreggiamento della clandestinità, sfruttamento della prostituzione.
L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, è stata avviata a seguito di un controllo antiprostituzione dei poliziotti lagunari sulle strade di Mestre: una giovane è scoppiata in lacrime e ha chiesto aiuto agli agenti che l'hanno convinta a fare denuncia.
È emerso così un giro di 15 giovani nigeriane tra i 18 e i 23 anni, che dal 2018 sono state fatte arrivare in Sicilia sui barconi assieme ad altri immigrati. Dall'isola sono state trasferite a Napoli e poi nella provincia lagunare dove sono state costrette a prostituirsi. Tutte gestite dalle mamam che hanno intimorito le giovani con i riti vudù e con la minaccia di ritorsione alle loro famiglie della tribù d'origine. Le vittime, che si prostituivano per somme tra i 30 e i 50 euro, erano obbligate a versare mensilmente 200 euro per l'affitto del marciapiede, altri 200 euro per l'alloggio ai quali si sommava il denaro per rimborsare le spese sostenute per il viaggio in Italia: 25 mila euro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Le due mamam e, a vario titolo, gli altri indagati sono accusati di favoreggiamento della clandestinità, sfruttamento della prostituzione.
L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, è stata avviata a seguito di un controllo antiprostituzione dei poliziotti lagunari sulle strade di Mestre: una giovane è scoppiata in lacrime e ha chiesto aiuto agli agenti che l'hanno convinta a fare denuncia.
È emerso così un giro di 15 giovani nigeriane tra i 18 e i 23 anni, che dal 2018 sono state fatte arrivare in Sicilia sui barconi assieme ad altri immigrati. Dall'isola sono state trasferite a Napoli e poi nella provincia lagunare dove sono state costrette a prostituirsi. Tutte gestite dalle mamam che hanno intimorito le giovani con i riti vudù e con la minaccia di ritorsione alle loro famiglie della tribù d'origine. Le vittime, che si prostituivano per somme tra i 30 e i 50 euro, erano obbligate a versare mensilmente 200 euro per l'affitto del marciapiede, altri 200 euro per l'alloggio ai quali si sommava il denaro per rimborsare le spese sostenute per il viaggio in Italia: 25 mila euro.
I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dalla da veneziana sulla base degli accertamenti svolti dalla mobile.