Paolo Garbisi, la pepita d'oro, da Martellago al pianto di Cardiff

Domenica 20 Marzo 2022 di Ivan Malfatto
Paolo Garbisi

MARTELLAGO - Il suo pianto dopo la trasformazione decisiva resterà l'immagine manifesto dell'impresa, insieme alla serpentina di Capuozzo.. Paolo Garbisi, la «pepita del rugby italiano» come lo definisce Philippe Saint-Andrè al Montpellier, è da ieri anche il nocchiero che porta la nave dell'Italia fuori dalle secche del Sei Nazioni dopo 7 anni e 36 sconfitte. Non poteva essere altrimenti per un veneziano, pur di terraferma: è di Martellago. I cromosomi della Serenissima lo portano a trasformare l'arte della navigazione sui mari perigliosi in quella altrettanto ardua tra i placcaggi in campo. Sul 22-21 inflitto al Galles c'è la sua firma. «A questo livello - commenta - la pressione più importante che puoi mettere all'avversario è quella del tabellino. Riuscire a rimanere in partita fino al terminer era il nostro focus e l'abbiamo centrato».
Garbisi, 22 anni il 26 aprile, è un predestinato dello sport.

Corre veloce e brucia le tappe. Come il suo idolo Max Verstappen, campione del mondo di Formula 1 a 24 anni. Lui nel 2018 debutta in Eccellenza a Mogliano non ancora maggiorenne. Entra in nazionale nel 2020 e diventa subito titolare inamovibile, prima di esserlo nel suo club, il Benetton in Pro 14. È il più giovane vincitore del referendum del Gazzettino sul miglior rugbista dell'anno. Sceglie di misurarsi col Top 14 francese, il campionato più importante del mondo, soli 21 anni e confessa: «Mi ha migliorato soprattutto nella gestione della partite. Lì sono tutte molto tirate, ogni minima decisione pesa».


PRECISO E CONSAPEVOLE

Lo si è visto nella gestione della vittoria in Galles. Nessuna incertezza. Poche sbavature. Precisione mista a consapevolezza al piede (11 punti, 100% e i calci da lontano lasciati a Padovani). Una netta crescita rispetto alla prima gara contro la Francia, quando forse l'emozione l'ha tradito.
Garbisi è un mediano d'apertura moderno. Capace di ricoprire anche i ruoli di centro ed estremo. Quando è esploso era soprattutto uno che attaccava la linea e creava. Ora sta diventando sempre più un regista. Il generale sul cavallo bianco che guida i compagni in battaglia. Gestendo i palloni, alla mano o al piede, e i ritmi della gara. Il suo destino da predestinato è quello di dare all'Italia finalmente l'erede di Stefano Bettarello e Diego Dominguez. A maggior ragione dopo la vittoria di Cardiff, di cui ha ben chiaro il significato: «Questa vittoria è una gioia incredibile per il rugby italiano, ma per il nostro gruppo rappresenta solo il punto di partenza. Siamo giovani, ambiziosi e non possiamo accontentarci di un successo ogni tanto. Abbiamo dimostrato che contro queste squadre possiamo vincere. Quindi non abbiamo più alibi. Dobbiamo ripetere vittorie come questa nel tour estivo, in autunno e nel prossimo Sei Nazioni».
 

Ultimo aggiornamento: 17:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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