Uccise l'ex marito della compagna, 12 anni di carcere per Simone Meggiato

Venerdì 1 Ottobre 2021 di Gianluca Amadori
Simone Meggiato, condannato a 12 anni di carcere

MIRA - Dodici anni di reclusione per aver ucciso l'ex marito della sua compagna, il trasportatore Andrea Baldan, nel luglio dello scorso anno. Simone Meggiato, il consulente informatico cinquantaduenne di Mestre, residente ad Oriago, è stato riconosciuto responsabile di omicidio volontario, con la concessione delle attenuanti generiche in quanto reagì dopo essere stato aggredito dal rivale.
La sentenza è stata pronunciata ieri pomeriggio, alla Cittadella della giustizia di Venezia, dal giudice per l'udienza preliminare Luca Marini, a conclusione di un processo celebrato con rito abbreviato, e dunque con la concessione dello sconto di un terzo della pena.

Lo stesso pubblico ministero Alessia Tavarnesi si era battuta per ottenere una condanna di 12 anni, partendo dalla pena base di 22, ridotta grazie alle attenuanti, aumentata per la detenzione dell'arma utilizzata per il delitto, e infine ridotta di un terzo a seguito della scelta del rito alternativo.


LA SPARATORIA

L'episodio di violenza risale alla notte tra il 3 e 4 luglio del 2020: Baldan, che non riusciva a rassegnarsi alla fine della relazione con la moglie, aveva suonato il campanello dell'abitazione di Meggiato senza ricevere risposta: chiese quindi informazioni ad un vicino di casa per poi andarsene. Meggiato, che da tempo si sentiva minacciato da Baldan, invece di chiamare la polizia, decise di scendere in strada portando con sè una pistola carica e, nonostante il vicino gli avesse consigliato di tornare nel suo appartamento in quanto Baldan era visibilmente alterato dall'abuso di alcool, uscì in strada e si mise ad inseguire il trasportatore, incontrandolo dopo pochi metri. È a questo punto che, nel corso di una colluttazione, sono stati esplosi tre proiettili che hanno provocato la morte di Baldan.


LA DIFESA

La difesa, rappresentata dagli avvocati Tommaso Bortoluzzi e Tiziana Nordio, ha chiesto il riconoscimento della legittima difesa o, in subordine, la riqualificazione del reato nella meno grave ipotesi di omicidio preterintenzionale: secondo i legali, infatti, Meggiato non voleva uccidere e i proiettili sarebbero partiti inavvertitamente, tanto che uno ha ferito alla mano lo stesso imputato.
Ben diversa la ricostruzione effettuata dall'avvocato Matteo Scussat, costituito parte civile al processo per la sorella gemella della vittima, i nipoti e la mamma (i due fratelli hanno accettato il risarcimento offerto da Meggiato), il quale ha sostenuto che il consulente informatico quella sera uscì di casa per provocare Baldan in quanto aveva programmato di eliminare, una volta per tutte, un uomo da cui si sentiva minacciato. Dunque una precisa volontà, con una forte intensità di dolo. Ieri in aula, dopo la lettura della sentenza, la sorella di Baldan ha voluto riabilitare la figura del fratello: «Lo hanno descritto come un violento, ma non è vero», ha dichiarato.


RISARCIMENTI

Le motivazioni della sentenza saranno depositate nelle prossime settimane: il giudice ha condannato Meggiato anche al risarcimento dei danni provocati alle parti civili, da quantificarsi in sede civile, ma ha nel frattempo disposto il pagamento di una provvisionale che va da 15 a 50 mila euro. In attesa del processo d'appello, che sarà certamente chiesto dalla difesa dell'imputato, Meggiato resta agli arresti domiciliari, che gli sono stati concessi qualche mese fa dal Tribunale del riesame su istanza dei suoi legali.

 

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