MESTRE - Forse qualcuno non ha capito, oppure si è confuso, visto che si trova in mezzo ai centri commerciali dell'area del Terraglio.
IL MONITO
«Dico ai mestrini: andate a fare i vostri acquisti non all'Ipermercato Papa Francesco perché vi sono in città altri ipermercati di carattere commerciale più forniti del nostro, hanno un servizio più efficiente, un ambiente più lussuoso e tengono poi aperto da mattina a sera - sbotta l'anziano sacerdote dalle pagine del settimanale L'incontro -. Noi abbiamo voluto con tanta convinzione un ipermercato per i poveri, per i disoccupati, per gli operai con stipendio insufficiente, per tutti coloro che soffrono in silenzio con tanta dignità. Diciamo in maniera quanto mai decisa ai benestanti, a tutti coloro che hanno un gruzzolo in banca, di non venire a fare la spesa da noi: andate dagli altri, che sono poi i nostri migliori fornitori perché ci donano essi stessi i generi alimentari in scadenza». E attenzione, perché non è solo un problema di coerenza con la filosofia di questo maxi-emporio inaugurato nel giugno scorso in località Arzeroni, e che si è già attestato su oltre tremila clienti settimanali (almeno 600 al giorno, considerando che è aperto solo di pomeriggio) che trovano capi di abbigliamento, mobili e, appunto, alimenti. Ma se mobili e vestiti da distribuire non mancano, il problema sono i generi di prima necessità, «cioé pasta, riso, olio, farina, latte, sughi, carne e tonno in scatola», precisa Edoardo Rivola, presidente de Il Prossimo. «La gente chiede qualcosa da mangiare in più - aggiunge don Gianni Antoniazzi, parroco di Carpenedo e guida della Fondazione Carpinetum -. Di fatto non possiamo più aprire il mattino perché il flusso dei clienti è già di per sé molto sostenuto tenendo aperto il servizio solo il pomeriggio». Don Armando, dall'alto delle sue 92 primavere, è ancora più diretto: «Ho suggerito ai responsabili dell'Emporio solidale di scrivere a chiare lettere all'ingresso: Chi non è nel bisogno, sappia che ruba ai poveri!».
LE CONTROMISURE
È ormai certo che, per tagliare fuori (o almeno ridurre) i furbetti, per fare acquisti al Centro Papa Francesco bisognerà chiedere una tessera firmando una specie di autocertificazione in cui si garantisce il proprio stato di bisogno e di difficoltà economica. «Grazie ad alcuni giovani che vogliamo coinvolgere procederemo poi con delle interviste all'utenza e agli stessi nostri volontari per capire come migliorare il servizio - riprende Edoardo Rivola - e anche con un censimento degli ingressi. Se, infatti, le famiglie che ricevono i pacchi del Banco Alimentare sono segnalate e certificate con l'Isee, tutti gli altri ingressi sono liberi. Ma se tra questi c'è chi non è nel bisogno, quei pacchi di pasta, scatolette, frutta e verdura preziosa che noi distribuiamo, non finirà nelle case delle famiglie che devono essere concretamente aiutate. E abbiamo bisogno di generi di prima necessità, perché ne arrivano sempre meno in quanto, con l'emergenza Covid, da tempo sono state sospese le raccolte nei supermercati».