Mestre, la mala del Tronchetto: «Non c'è spazio per calabresi o campani: qui comandiamo noi». Le intercettazioni del Ros

Venerdì 8 Dicembre 2023 di Gianluca Amadori
Mestre, la mala del Tronchetto: «Non c'è spazio per calabresi o campani: qui comandiamo noi»

MESTRE - «Non c'è spazio per calabresi o campani: qui comandiamo noi. Io i casalesi li ho conosciuti bene: ben altra cosa da quelli di Eraclea!»
Gilberto Boatto, il presunto boss della nuova mala del Tronchetto, parlava così, con i suoi sodali, in uno dei colloqui intercettati dai carabinieri del Ros, che hanno indagato per anni sull'organizzazione accusata di aver messo le mani sul business del turismo, commettendo reati di tutti i tipi: da estorsioni a rapine, da traffico di droga a furti.
Nell'udienza di ieri, di fronte al Tribunale presieduto da Stefano Manduzio, è proseguito l'esame del colonnello dei carabinieri Enrico Risottino, il quale ha elencato una serie di episodi, ricostruiti principalmente attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali che, secondo la procura, costituiscono la prova dell'esistenza di una vera e propria associazione di stampo mafioso.

Il pm ha contestato questa imputazione ai principali imputati, nonostante il precedente processo con rito abbreviato (che ha portato alla condanna di Loris Trabujo) si sia concluso con il riconoscimento di un'associazione per delinquere "semplice".

LA NOMEA

Fin dal 2017, nei colloqui con il numero due dell'organizzazione, Paolo Pattarello e con Loris Trabujo, imprenditore nel settore del trasporto turistico al Tronchetto, Boatto spiegava di voler ripetere le azioni dei "mestrini" e che, per tornare forti come un tempo, bisognava sfruttare il loro nome, che ancora incuteva paura e rispetto. «Qui c'è tanto da lavorare, con qualche schiaffo», precisava nel corso di un incontro nel quale illustrava le modalità operative. In un primo momento Boatto, ancora in carcere per scontare vecchie pendenze, utilizzava i permessi premio per gestire le attività della banda; successivamente gli fu concessa la semilibertà e dunque poteva muoversi liberamente durante il giorno, con l'obbligo di restare nella sua abitazione, a Mestre, nelle ore notturne.
Dal 2018, ha riferito il colonnello Risottino, il gruppo iniziò ad ampliarsi con il coinvolgimento di altri soggetti, tra cui Luca Livieri e Festim Shemollari «ritenuti molto utili per la loro aggressività». Numerosi gli episodi ripercorsi, fino al 2020, per dimostrare che il gruppo godeva di un riconoscimento all'esterno: Boattoe Pattarello venivano ricevuti con deferenza nei ristoranti e si occupavano di riscossione crediti e imposizione del "pizzo" a vari imprenditori.

L'AVVOCATA

Imputata per concorso esterno ad associazione mafiosa è finita anche l'avvocata padovana Evita Della Riccia che, in qualità di difensore di Boatto, è accusata di aver favorito l'organizzazione. Il colonnello Risottino ha elencato una serie di episodi da cui risulta che l'avvocata avvisava Pattarello dei giorni in cui Boatto sarebbe rientrato a casa in permesso; consigliò a Pattarello e Trabujo il modo per spedire soldi a Boatto in carcere; prestò a Boatto un cellulare per effettuare una chiamata, nonostante il divieto imposto al detenuto dal Tribunale di sorveglianza.
L'avvocata Della Riccia ha preso la parola per una spontanea dichiarazione con la quale ha negato di aver commesso illeciti, tanto meno di aver aiutato la banda, spiegando al Tribunale di conoscere i vari soggetti in quanto è stata, a varie riprese, difensore di tutti, Pattarello e Trabujo compresi, assistendoli in vari procedimenti .
Il processo proseguirà giovedì 14 dicembre.

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