Francesco Morosini, l'ultimo eroe della Repubblica Serenissima

Martedì 3 Gennaio 2023 di Alessandro Marzo Magno
Francesco Morosini, l'ultimo eroe della Repubblica Serenissima

Il più fulgido comandante navale che Venezia abbia avuto: questo era Francesco Morosini, soprannominato il Peloponnesiaco, dopo la conquista della Morea (così i veneziani chiamavano il Peloponneso), quattro volte capitano generale da mar, doge fino alla morte, avvenuta nel 1694, a Napoli di Romània (l'odierna Nafplio) nel corso delle operazioni militari contro gli ottomani.

Morosini non è stato l'unico leader militare di rilievo nella storia veneziana, basti pensare a Enrico Dandolo, che conquistò Costantinopoli nel 1204; a Vettor Pisani, che battè i genovesi a Chioggia nel 1380; a Sebastiano Venier, il vincitore di Lepanto nel 1571; o ad Angelo Emo, che condusse vittoriosamente la campagna contro i barbareschi, nel 1785-86. Ma è stato l'unico a sviluppare tutta la propria carriera come militare (Sebastiano Venier, per esempio, era un avvocato che prima di Lepanto mai aveva comandato una nave in vita sua) e soprattutto è stato l'unico a cui si è eretto un monumento mentre era ancora in vita (adhuc viventi è scritto, in latino, nella dedica), anche se bisogna dirlo il busto dell'eroe si trovava in un luogo chiuso al pubblico che veniva mostrato soltanto ai visitatori illustri: l'armeria del consiglio dei Dieci, a palazzo Ducale.


TETRACAPITANO
Tutto dedicato al doge e tetracapitano da mar è il libro curato da Bruno Buratti, L'ultimo eroe della Serenissima. Francesco Morosini e il suo tempo, edito da Marsilio. Buratti è un generale della Guardia di Finanza che negli anni del suo comando interregionale con sede a Venezia ha sviluppato grande interesse per la vita e le gesta di Francesco Morosini, tanto da presiedere, nel 2019, il comitato per la celebrazione dei 400 anni della nascita. Questo libro è un'opera collettanea che fa il punto degli studi morosiniani e al quale hanno prestato la penna alcuni dei più illustri studiosi di storia veneziana: da Giuseppe Gullino a Elisabetta Molteni, da Andrea Pelizza allo stesso Buratti, autore di alcuni dei saggi.
Non è un'agiografia, sia ben chiaro. Morosini è un eroe di guerra, ma è anche forse l'unico tra i capitani generali da mar a non averci rimesso del suo nel ricoprire la carica (come normalmente accadeva), ma anzi a esserne uscito arricchito. «Figura anche controversa», scrive Buratti, «con un percorso di carriera contrassegnato da luci e ombre, tanto esaltate le prime, quanto mai esplorate fino in fondo le seconde, in ossequio alla ragion di Stato, ma certamente si tratta di un personaggio che dedicò tutta la sua vita alla grandezza e alla gloria della repubblica, con la quale era giunto a identificarsi, sino al punto di riservarle anche il suo ultimo pensiero. Ce ne resta una testimonianza toccante, pur volendo fare la tara alla retorica dell'epoca, nell'ultimo dispaccio che trasmise al Senato, appena quattro giorni prima della morte: Non proviamo altro sconforto che quello di non havere potuto quanto desideravimo in servitio della Patria comune e quanto ella ben meritava».
Il futuro doge finisce anche agli arresti e viene processato dal Maggior consiglio per essersi impossessato di somme di denaro pubblico, sono in molti a pensare che non se la sarebbe cavata tanto a buon mercato se non fosse stato un eroe, se nelle assise del patriziato veneziano non sedessero tanti che avevano prestato servizio sotto il suo comando, che avevano avuto modo di apprezzarne le virtù guerriere.


FLOTTIGLIA INCENDIATA
Tanto per capire di che pasta fosse fatto l'uomo, si può ricordare che nella primavera 1647 forza il porto di Scio (Chios) dove sono alla fonda 80 galere ottomane, 5 vascelli algerini e 5 maone (navi da carico modificate). Cannoneggia i nemici e manda a terra un contingente che riesce a smontare una batteria costiera, quindi tutti tornano al largo incolumi (un'azione che ricorda da vicino quella leggendaria di Günther Prien, comandante dell'U 47 tedesco che il 14 ottobre 1939 violò la più importante base navale britannica, Scapa Flow, silurando e affondando la corazzata Royal Oak). Ma non basta: nella medesima campagna forza il porto di Chismè (Çeme, sulla costa anatolica di fronte all'isola di Scio) dove, pur sotto il tiro delle artiglierie costiere, incendia un'intera flottiglia di naviglio leggero da combattimento. Inoltre per due mesi, tutte le sere, si ancora davanti al porto di Nafplio impedendo ai legni nemici di fuggire. Pensate un po' che ossessione dovevano essere per gli ottomani le navi di Morosini che, inesorabili, arrivavano all'imbrunire, giorno dopo giorno.
Francesco Morosini viene eletto doge nell'aprile 1688 al primo scrutinio e all'unanimità. Il capitano generale da mar, nonché doge, si trova però nell'Egeo, quindi il Senato lo manda a chiamare, ordinandogli tuttavia di terminare prima l'incarico che stava svolgendo «come lo troviamo necessario si che venga da noi diversamente disposto». Sarà anche doge, ma deve obbedire alla sovranità della repubblica, espressa dal Senato. Morosini torna a Venezia nel gennaio 1690, sbarca, e ci mette un bel po' a consegnare a un segretario il bastone simbolo del comando militare, suscitando un vespaio di polemiche perché non usava cumulare le due cariche. Viene rieletto Capitano generale da mar il giorno di Natale 1692 e rimandato in Levante, dove però muore nel gennaio du due anni dopo.


CICLO PITTORICO UNICO
Come ricorda il libro, le celebrazioni morosiniane hanno fornito l'occasione per riunire per la prima volta 23 delle 48 tele che rappresentano le imprese guerresche dell'eroe veneziano. Erano appese alle pareti del piano nobile di ca' Morosini a Santo Stefano il cui patrimonio è andato disperso dopo esser stato messo all'asta dagli ultimi eredi della famiglia, nel 1894. Solo quattro di quei quadri sono esposti permanentemente, al museo Correr, gli altri sono sparsi in vari edifici veneziani, tra i quali la sede del Comando regionale della Guardia di Finanza, in campo San Polo, o il Circolo ufficiali Marina, all'Arsenale. Si tratta di un ciclo pittorico unico nel suo genere che si conclude con il quadro che rappresenta i funerali del doge.
La Marina Militare italiana ha avuto quattro unità intitolate a Francesco Morosini, la prima era un sommergibile, varato nel 1938. L'ultima un modernissimo pattugliatore polivalente d'altura, una nave lunga 143 metri in grado di svolgere compiti diversi di sorveglianza a controllo degli spazi marittimi. E a Morosini è anche, come noto, intitolata la Scuola militare navale, istituita a Venezia Sant'Elena nel 1961, al tempo con il nome di Collegio navale.
 

Ultimo aggiornamento: 15:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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