​Piero Tasca, il Fornaretto di Venezia, vittima di un errore giudiziario

Lunedì 1 Luglio 2019 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli
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Chi non ricorda – almeno per sommi capi - la vicenda del “Fornaretto di Venezia”, vittima di un colpevole errore giudiziario di una magistratura veneziana frettolosa e pilotata? Piero Tasca, accusato ingiustamente dell’omicidio del nobile Alvise Guoro, che trova pugnalato, viene immolato sul patibolo al posto del vero responsabile dell’omicidio, il potente Lorenzo Barbo, marito della bella Clemenza, che uccide il Guoro accecato dalla gelosia. Una volta ristabilita la verità, racconta la leggenda, il povero Piero sarà ricordato nelle parole del segretario del Consiglio dei Dieci, che prima di riunirsi viene ammonito a ricordarsi “del povàro Fornareto”, affinché non si commettano più errori. Tutti o quasi tutti a Venezia l’abbiamo sentita raccontare, da bambini.

Tra le leggende, gli arcani, i misteri veneziani, nessuno ha colpito l’immaginario come la vicenda del Fornaretto, al punto che non si contano più i libri, i film – almeno cinque, tra il 1923 e gli anni Sessanta – le edizioni cartacee che ne hanno amplificato il mito, ripreso poi anche dai fumetti e dalla musica (per esempio con la colonna sonora diretta da Armando Trovajoli del film del 1963, che vide tra i protagonisti Michèle Morgan, Enrico Maria Salerno, Sylva Koscina, Stefania Sandrelli e Gastone Moschin).

Ma entriamo un po' più nel dettaglio: Piero Tasca lavora in un forno di calle de la Mandola. All’alba di una fredda mattina di marzo del 1507, sul ponte “dei assassini” si accorge di qualcosa di luccicante: è il fodero di un pugnale, tutto d’argento. Il Fornaretto è contento della sua fortuna e ci tiene a farlo vedere alla morosa, Annella, che lavora come domestica nella vicina Ca’ Barbo. Ma la ragazza è spaventata: “Lascialo dove l’hai trovato”, gli intima. Nel tornare sui suoi passi, Piero scorge un uomo disteso. Lo volta, e non gli ci vuole molto per rendersi conto che è morto: è Alvise Guoro, giovane cugino e frequentatore assiduo di Clemenza Barbo, moglie di Lorenzo e padrona di Annella. In pochi istanti tutto precipita: arrestato, il Fornaretto viene condannato a essere decapitato. La mattina del 22 marzo tutto è pronto per l’esecuzione, tra le colonne di Marco e Todaro: nello stesso momento da Ca’ Barbo parte un servo, a gambe levate. Lungo la strada urla l’innocenza del Fornaretto: messer Barbo ha confessato alla moglie l’omicidio del parente, perpetrato per gelosia. Ma non arriva in tempo per annunciare la notizia: il boia ha già assestato il colpo.

Eppure, assieme a un’altra vicenda leggendaria – quella dell’oste Biasio che macellava bambini nel retrobottega del suo locale – anche su questo fatto, che all’apparenza si presenta come un avvenimento storico, non esistono documenti di nessun genere. Il perché è presto detto: i documenti relativi a questa vicenda non sono mai stati trovati perché non esistono: “Il Fornaretto” è frutto della fantasia di Francesco dall’Ongaro, poeta e drammaturgo (nonché ex prete votato al Risorgimento), nato nel 1808 a Mansuè, nel trevigiano, che due anni prima di combattere nei moti del 1848 diede alle stampe un dramma di cinque atti con questo titolo, rappresentato con grande fortuna di pubblico fin dalla sua prima uscita.

Fra i detrattori di dall’Ongaro viene sostenuta la tesi “complottista”: servo dei dettami del nascente stato italiano, avrebbe inventato questa vicenda per infangare la memoria della Serenissima, sulla scia del lavoro sporco già fatto dai francesi (e da qualche altro italiano), che avevano inventato a bella posta alcune “leggende nere” per oscurare il mito di Venezia. Se anche così fosse, quella frase pronunciata dal Cancelliere, “ricordéve del povàro Fornareto”, sembrerebbe però più un monito a essere giusti, attenti e misericordiosi, che non una reiterazione verbale dell’errore. Opinioni.

Resta il fatto che quella del Fornaretto, vicenda letteraria, forse proprio il fatto di essere stata trasposta in pellicola fin dai primordi del Cinema è stata trasformata in una leggenda “vera”, e in molti sono convinti che il Fornaretto sia realmente esistito. Ebbene, non è così. Questo non significa che dobbiamo privarci della libertà e del piacere di narrare la sua vicenda come una favola.
Ultimo aggiornamento: 2 Luglio, 10:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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