Florian, un Caffè lungo 300 anni: nel 1720 ci andavano i Dogi. E lì nacquero i giornali

Mercoledì 26 Febbraio 2020 di Alessandro Marzo Magno
Il Caffè Florian a Venezia
VENEZIA - È il caffè in esercizio più antico d'Europa, e quindi probabilmente del mondo, il Florian di Venezia, aperto il 29 dicembre 1720 giusto trecento anni fa da Floriano Francesconi, allora con il nome Alla Venezia Trionfante, poi ribattezzato Florian a furor di cliente. Tutti dicevano «'ndemo da Florian» e così il nome del proprietario è rimasto appiccicato al locale. Naturalmente la Francia rivendica per sé il primato: il parigino café Le Procope è stato aperto nel 1680. Facile ribattere, però, che il locale non è più un caffè, bensì un restaurant, come facilmente riscontrabile leggendo l'insegna; inoltre è stato radicalmente restaurato. Per la verità nemmeno l'arredo del Florian è quello originale settecentesco, bensì risale al 1858, quando è stato rifatto come lo vediamo noi oggi. All'epoca dell'apertura il futuro Florian non era che uno della trentina di caffè che si affacciavano su piazza San Marco il primo era stato All'arabo, nel 1683 e dei circa duecento di Venezia intera.

I CHICCHI NERI
Il caffè era arrivato in Europa proprio attraverso la Serenissima: il primo a notarlo era stato un bàilo (ambasciatore) veneziano a Costantinopoli che nel 1573 scrive: «Costumano anco molti, per poter vivere allegri, di bere ogni mattina una certa acqua negra, fatta coll'oppio, la quale suole levarli da ogni pensiero, e insieme dal buon sentimento; e se quelli che sono assuefatti a pigliarla la volessero lasciare, morirebbero subito, essendo già la natura loro avvezza a tale bevanda» (la scoperta è stata fatta da Tiziana Plebani, fino a qualche tempo fa bibliotecaria alla Marciana). Garzoni non sapeva da cosa fosse ottenuta la «nera bevanda» e quindi dice «fatta con l'oppio». Sarà un altro bàilo, Gianfrancesco Morosini, a nominare per primo la novità, scrivendo che gli ottomani bevono «un'acqua negra bollente quanto possono sofferire, che si cava d'una semente che chiaman caveè, la quale dicono che ha virtù di far stare l'uomo svegliato». Nel 1592 il vicentino Prospero Alpini, medico del consolato veneziano di Alessandria d'Egitto, stampa per la prima volta una rappresentazione della pianta del caffè, che chiama «calaf et ban». Da tutto questo si capisce perché i caffè fossero tanto popolari a Venezia.

LUOGO SOCIALE
Il locale nuovo arrivato si distingue subito per la giovialità e le capacità del suo proprietario. Sappiamo qualcosa di Floriano Francesconi grazie a Carlo Goldoni che ricalca su di lui il personaggio di Ridolfo, ovvero il caffettiere della commedia La bottega del caffè: «Fo un mestiere onorato, un mestiere nell'ordine degli artigiani, pulito, decoroso e civile. Un mestiere che, esercitato con buona maniera e con riputazione, si rende grato a tutte gli ordini delle persone. Un mestiere reso necessario al decoro della città, alla salute degli uomini e all'onesto divertimento di chi ha bisogno di respirare». Il Florian rimane aperto giorno e notte, possono accedervi anche le donne che per un certo periodo del Settecento si vedono interdire la possibilità di frequentare il caffè.

LA GAZZETTA VENETA
Ma ci vanno lo stesso, in maniera clandestina: «Il caffettiere che ha la bottega nella Torre dell'orologio ha un appartamento superiore, dove sono ricevute le donne. I due caffè nella piazzetta dei Leoni a San Marco hanno delle porte separate dalla bottega e in luoghi superiori si ricevono donne», scrive nel 1770 uno dei più noti confidenti degli Inquisitori di stato, Angelo Tamiazzo, che proprio ai tavolini del Florian ha il suo quartier generale e lì redige le riferte destinate agli Inquisitori. E sempre al Florian ha sede la redazione della Gazzetta urbana veneta, di Gasparo Gozzi, il primo giornale che riporti notizie di cronaca cittadina. Certo, molti hanno in mente la stampa che raffigura Daniele Manin mentre, in piedi sui tavolini del Florian, proclama la repubblica, il 22 marzo 1848, dopo che Venezia era insorta contro gli austriaci (gli ufficiali asburgici avevano invece il loro quartier generale nel dirimpettaio caffè Quadri). Comunque la piazza deve all'epoca asburgica la presenza delle orchestre da caffè, in precedenza si cantavano le albate, ovvero la versione mattutina delle serenate.

LA NOBILE E IL GHEPARDO
Sarebbe inutile elencare chi sia passato per i tavolini del Florian: tutti gli ospiti illustri di Venezia e molti di quelli meno famosi. Allora vale la pena ricordare uno dei personaggi più eccentrici: la marchesa Luisa Casati Stampa, proprietaria di ca' Venier dei Leoni (attuale sede del museo Guggenheim) dal 1910 al 1924. La nobildonna, ovviamente amante di Gabriele d'Annunzio, arrivava in piazza San Marco con un ghepardo al guinzaglio accompagnata da un gigantesco servitore africano che reggeva in mano una torcia accesa. Una volta ha affittato il Florian per un'intera notte, con l'obbligo di servire soltanto champagne ai 300 invitati, un'altra indossava soltanto una pelliccia, senza niente sotto: entrata al Florian se l'è tolta rimanendo in piedi e completamente nuda. I gondolieri del vicino Molo accorrevano in massa per vederla: «Ghe xe la marchesa nua!».

LAVORI E LAMENTELE
Come si diceva, l'attuale decorazione del Florian risale al 1858, realizzata sotto la guida di Lodovico Cadorin, insegnante di arredamento d'interni all'Accademia di Belle arti di Venezia che ha coordinato una squadra di pittori e artigiani. Naturalmente siamo a Venezia, no? ci sono state un sacco di lamentele: «il caffè non è più lo stesso», «tradimento», e meno male che non c'era Facebook. Una sala, quella liberty, risale agli anni Venti, è stata chiusa per parecchi decenni e restaurata una trentina d'anni fa. Dal 1934 fino a una decina d'anni fa, il caffè è stato proprietà della famiglia Vedaldi, oggi è subentrata una società tra Marco Paolini, manager della moda (solo omonimo dell'attore), Andrea Fendi Formilli, erede della famiglia di imprenditori della moda, e Massimo Cremona, economista. I camerieri del Florian portano la giacca bianca di mattino e al pomeriggio lo chef indossa il frac, mentre gli altri hanno la giacca nera. Se volete capire la gerarchia è molto semplice: lo chef ha il farfallino nero, i due demi chef grigio, i commis bianco. «In stagione qui lavorano 95 persone e si alternano due orchestre», spiega Stefano Stipitivich, direttore artistico, «durante l'inverno i dipendenti sono una settantina, sette giorni alla settimana: dev'essere una macchina oliata che gira alla perfezione». E i problemi? Stipitivich mostra gli effetti delle acque alte di novembre (oltre a quella del 12, sono entrate nel caffè anche le due alte maree eccezionali successive). Ma qui, purtroppo, non siamo nel campo della storia del Florian, bensì dell'attualità.

 
Ultimo aggiornamento: 22:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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