Quel documento ritrovato per caso durante il trasloco: «Così salvammo Emilio Sereni»

Domenica 25 Aprile 2021 di Paolo Navarro Dina
Quel documento ritrovato per caso durante il trasloco: «Così salvammo Emilio Sereni»

Il documento, quattro paginette dattiloscritte, è spuntato fuori durante un trasloco. Se l'è trovato tra le mani Aldo Mariconda, un passato da dirigente Olivetti, già candidato sindaco per la Lega alle Comunali di Venezia nel 1993 quando scese in campo, e fu sconfitto, da Massimo Cacciari. Altri tempi, altra politica. Mariconda è nipote di Bruno Visentini, più volte ministro della Repubblica, antifascista e tra i fondatori del Partito d'Azione. Ed è stato proprio sistemando l'archivio di famiglia che si è imbattuto in una missiva di Visentini all'amico, il concittadino Alberto Boscolo nella quale vengono svelati i particolari del salvataggio di Emilio Sereni, di famiglia ebraica, scrittore, politico, antifascista, militante del Pci.


RETROSCENA

L'appunto, datato 29 aprile 1963, scritto da Visentini ricorda il rocambolesco sostegno offerto nel dicembre del 1935 a Sereni per sfuggire alla persecuzione politica e antisemita.

Visentini scrive da Roma prendendo spunto da un recente soggiorno a Treviso in tempo di elezioni, per ricordare a Boscolo l'episodio che li aveva visti protagonisti. Il futuro ministro esordisce tirando le orecchie bonariamente all'amico sulla data di quell'episodio. «Ti ricordi - scrive - anche la nostra comune avventura, quando trasferimmo l'attuale senatore Emilio Sereni. Tu parli però del 1936, e questo indica che stai invecchiando e perdendo la memoria, perchè quella nostra avventura fu nel 1935». La lettera prosegue raccontando il viaggio verso Roma affrontato dai due che, iniziato il 26 dicembre, li portò dopo alcune soste il giorno 28 a Roma. «Come ricorderai - spiega - partimmo da Treviso (...) mangiammo lautamente al Pappagallo a Bologna, dopo aver attraversato le nebbie della nostra Valle Padana, ed arrivammo verso le due di notte a Firenze, dove dormimmo all'hotel Baglioni». Giunti nella Capitale, Visentini ricorda: «Vedemmo uscire - scrive - un signore con la barba, che aveva ben poco di cristiano, e sarebbe stato certamente un buon boccone per Hitler o per Eichmann, con lui era una giovane donna visibilmente incinta ed una bambina con una bambolina in braccio».


LA FUGA

Il terzetto viene caricato su un'auto e Visentini non dimentica l'ansia del momento: «L'emozione fu tale che quasi investii un ciclista, senza neanche accorgermi di quello che succedeva». Il viaggio ha così inizio e il gruppo si appresta a risalire la Penisola e una volta ritornati a Firenze, Visentini ricorda: «Egli (Sereni ndr) si tagliò la barba ed estrasse meravigliosi passaporti svizzeri per lui, per la moglie e per la bambina: non ricordo se i passaporti li trovò al posto dove ci fermammo, come mi pare». Un viaggio non facile. Commenta Visentini: «Moglie e figlia avevano continuato ininterrottamente a vomitare da Roma a Firenze». Nonostante le difficoltà, l'itinerario dei cinque prosegue, ma non mancano gli intoppi: il percorso impervio in mezzo agli Appennini, il foro di un pneumatico e il tempo perduto per cambiare la gomma: «Ricorderai l'avventura - rievoca Visentini - della bucatura della gomma. fra Modena e Reggio Emilia, e dell'ora che perdemmo perchè non si riusciva a smontare la ruota». Fino all'arrivo a Milano avvolta nella nebbia dove Visentini e Boscolo si dividono: il primo rimane in auto a Porta Romana, il compagno accompagna i Sereni a destinazione, ma è convinto di essere a Porta Sempione. E quindi, al ritorno alla macchina è costretto a prendere un taxi per riunirsi, quattro ore più tardi, all'amico in attesa. Ma le peripezie non sono finite. A quel punto, anche per questioni sentimentali (avevi graziosissima fanciulla che ti aspettava a Cortina, chiosa Visentini) i due decidono di fare rientro a casa, ma complice la nebbia, la coppia sbaglia strada finendo vicino Como. Costretti a fare marcia indietro, i due si alternano alla guida concedendosi una pennichella in auto (Io mi svegliai con l'impressione di essere Attilio Regolo nella botte ironizza Visentini). Infine l'agognato ritorno a Treviso occultando il tutto agli ignari genitori che ci pensavano chissà dove.


RICONOSCENZA SEGRETA

Ma è proprio alla fine della lettera che Visentini svela l'arcano di quel viaggio rocambolesco. «Soltanto alcuni anni dopo seppi - ricorda all'amico Boscolo - che il personaggio era Sereni, il quale dalla Svizzera era passato in Francia, dove era stato preso dai tedeschi, condannato a morte, scappato, ripreso e miracolosamente salvato. Ebbene, subito dopo la liberazione di Roma, trovai Sereni con la moglie a casa di (...), egli non mi disse neanche una parola della vicenda in occasione della quale gli avevamo dato un aiuto non indifferente. Soltanto al momento di uscire la moglie mi chiamò in disparte, e mi disse commossa che sapeva chi erano i due che nel 1935 avevano traversato con loro l'Italia per portarli all'estero e che mi aveva subito riconosciuto, che mi ringraziava di cuore, ma poichè non eravamo dei compagni il marito non ne avrebbe mai parlato». E infine, al di là dell'aneddoto, il brusco risveglio da amico ad amico. «Io spero - conclude Visentini a Boscolo nell'imminenza delle elezioni politiche del 1963 - che tu venga eletto deputato anche se temo che essendo del partito saragattiano (Psi ndr) qualche volpe più abile nelle clientele ti batta sul piano delle preferenze».

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