Corruzione e calunnia, 7 anni di carcere ad un finanziere: avvisava gli imprenditori sulle inchieste

Giovedì 3 Marzo 2022 di Gianluca Amadori
Corruzione e calunnia, 7 anni di carcere ad un finanziere: avvisava gli imprenditori sulle inchieste
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MESTRE - Sette anni e venti giorni di reclusione per i reati di abuso d'ufficio, corruzione, istigazione alla corruzione, traffico di influenze illecite e calunnia in relazione ad un serie di episodi verificatisi tra il 2017 e il 2019. È la condanna che il giudice per l'udienza preliminare di Venezia ha inflitto all'ex appuntato della Guardia di Finanza, Michele Napolitano, 50 anni, campano, già in servizio al nucleo di polizia valutaria di Roma.
La sentenza è stata emessa ieri, a conclusione di un processo celebrato con rito abbreviato, e dunque con la concessione dello sconto di un terzo della pena.

Il giudice ha inflitto all'imputato la pena sollecitata dal pubblico ministero Giorgio Gava nel corso della requisitoria conclusiva.


L'ARRESTO

Napolitano finì in carcere nel gennaio dello scorso anno nell'ambito di un'indagine condotta dal Nucleo di polizia tributaria grazie anche alle confessioni di due dei protagonisti dell'inchiesta sulle infiltrazioni della camorra nel Veneto Orientale: Christian Sgnaolin, già braccio destro del boss Luciano Donadio, e Angelo Di Corrado, consulente del lavoro coinvolto anche nell'indagine sul caporalato alla Fincantieri.
Il pm Gava ha formulato a carico dell'ex appartenente alle Fiamme Gialle una lunga serie di contestazioni. Secondo il rappresentate della pubblica accusa, infatti, il finanziere si metteva a disposizione dei clienti che gli erano indirizzati da Di Corrado, ed era disponibile a commettere illeciti: ad avvisarli di inchieste in corso, ad insabbiare indagini fiscali, persino ad incastrare con false denunce persone a loro scomode. In due occasioni, ad esempio, si sarebbe attivato, dietro compenso, per aiutare altrettanti imprenditori del Bangladesh interessati a sbarazzarsi di connazionali sgraditi: ad uno avrebbe consigliato di fare in modo che il rivale venisse trovato in possesso di droga in modo da poter organizzare il suo arresto da parte dei colleghi delle Fiamme Gialle. Per conto del secondo imprenditore avrebbe compilato una falsa relazione per sollecitare l'apertura di un'inchiesta a carico di due operai della Fincantieri, indicati come sospetti terroristi. Fascicolo poi archiviato per mancanza di riscontri.


LE ACCUSE

Tra le imputazioni figurano anche l'aiuto fornito ad un imprenditore trevigiano per bloccare dei controlli fiscali, e l'avviso a Sgnaolin in relazione ad un'inchiesta in corso a suo carico. Le indagini hanno accertato che l'appuntato, pur non potendolo fare, era socio occulto della Abaco srl, società amministrata da Di Corrado, di cui in un secondo momento diventò socio il figlio, Matteo Napolitano, con l'obiettivo di portare nuovi clienti, ma anche di offrire protezione da accertamenti fiscali. L'appuntato risultava direttore di una società inglese alla quale venivano bonificate parte delle somme a lui destinate.
Dopo l'arresto Napolitano è andato in pensione e la misura cautelare è stata attenuata: attualmente ha soltanto un obbligo di presentazione alla polizia. La sentenza di condanna è impugnabile in appello.

 

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