Due clan in lotta per recuperare i soldi investiti con Gaiatto

Mercoledì 27 Febbraio 2019 di Gianluca Amadori
Due clan in lotta per recuperare i soldi investiti con Gaiatto
VENEZIA - Non uno, ma ben due gruppi di casalesi erano alla “caccia” di Fabio Gaiatto, il broker di Portogruaro finito sotto processo con l’accusa di aver truffato centinaia di risparmiatori.
L’incredibile circostanza, degna della migliore “spy story”, è invece soltanto realtà, raccontata nelle pagine dell’atto integrativo d’indagine che il pm Roberto Terzo ha depositato all’inizio dello scorso gennaio, appena un mese prima dei 50 arresti eseguiti una settimana fa, che hanno sgominato la presunta associazione di stampo mafioso radicatasi da circa vent’anni nel Veneto Orientale.
 Nella seconda metà del 2017, quando Gaiatto appariva ancora solido e solvibile, il primo gruppo criminale che gli sta alle calcagna è quello che fa capo a Luciano Donadio, legato al clan Schiavone, il quale sta cercando di aiutare l’amico e sodale Samuele Faè, ex carabiniere, a recuperare l’ingente somma di denaro investita, quantificata in circa 10 milioni di euro. Soldi che non si capisce bene da dove provengano. Contemporaneamente emerge l’esistenza di altri «criminali campani» che avevano ugualmente investito ingenti somme di denaro - evidentemente di provenienza illecita - attraverso Gaiatto, i quali vogliono a tutti i costi tornare in possesso dei soldi. Prima di Faè, e soprattutto prima che i soldi finiscano. Il secondo gruppo minaccia l’ex carabiniere dichiarandosi appartenente al clan dei casalesi, e Faè chiede aiuto a Donadio.
Dal mese di gennaio del 2018 gli inquirenti registrano, attraverso intercettazioni ambientali, «gli echi della contrapposizione tra i due gruppi criminali disputantisi le disponibilità finanziarie del Gaiatto, che si rivelavano sempre più incapienti - scrive il pm Terzo - Gli esponenti del gruppo campano si sono incontrati alcune volte con il Donadio, Raffaele Buonanno e Giacomo Fabozzi per sciogliere la questione».
Il secondo gruppo, qualificatosi come riferimento del clan Iovine, sostiene che il credito di Faè avrebbe dovuto cedere di fronte alle loro pretese. Un braccio di ferro all’insegna della legge del più forte. Un problema per Donadio & C, che in linea teorica avrebbero dovuto appoggiare i fratelli casalesi, privilegiandoli all’ex carabiniere amico. Ma il boss di Eraclea ci tiene ad aiutare Faè, in quanto è convinto di poter trattenere per sè, una volta recuperati, parte dei 10 milioni. Dunque escogita la geniale soluzione: agli uomini di Iovine spiega che, in realtà, i soldi investiti con Gaiatto appartengono al suo gruppo criminale. «Sto sempre con voi meglio con un paesano mio che con un veneziano - li rassicura Donadio - Però non è neanche giusto che io ho un nome e devo passare per pernacchia!»
Donadio è anche preoccupato che, un’eventuale azione violenta messa in atto dagli uomini di Iovine, possa essere addebitata dalla polizia a lui e ai suoi uomini. Per questo motivo invia a Gaiatto un messaggio: «Ti faccio sapere che si vocifera in giro che minacci i tuoi creditori usando il mio nome come tuo protettore.... questa cosa non mi piace perché io non sono il tuo protettore e neanche un killer... se io e te ci si incontra è solo per il contratto di finanziamento che mi hai fatto e che non ho ancora ricevuto i soldi.... mi auguro che sono solo dicerie, altrimenti sarò costretto a denunciare la cosa...»
Alla fine i due gruppi criminali trovano un accordo: gli uomini di Iovine incassano qualcosa in più, il clan di Eraclea qualcosa in meno. «Loro lo hanno picchiato... sono andati lì, hanno fatto il bordello...», spiega Donadio. La situazione precipita: tra la fine di febbraio e l’inizio di mar«o del 2018 Gaiatto non è più in grado di onorare i suoi debiti e sparisce. Ma i casalesi non mollano: anzi i due gruppi si alleano e, stando alla Guardia di Finanza, il clan di Donadio riesce a recuperare più del 50 per cento dei crediti di Faè, ovviamente a danno degli altri risparmiatori. Nel mese di luglio i casalesi di Iovine e quelli di Eraclea si incontrano nuovamente, e Donadio concorda una riduzione del rimborso all’amico carabiniere a favore dei “compari” casalesi. «La procedura “esecutiva” proseguiva con la liquidazione di tutte le attività del Gaiatto immediatamente aggredibili e si sarebbe interrotta solo nel settembre del 2018, con l’arresto del broker», conclude la relazione della Procura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci