Cassius Clay e le prove del potere nero. Regina King: «50 anni dopo discutiamo ancora di come essere accettati»

Martedì 8 Settembre 2020 di Alda Vanzan
Una scena di One Night in Miami: Eli Goree è Cassius Clay
1
VENEZIA - Un mese fa, quando Alberto Barbera le comunicò che il suo film One Night in Miami sarebbe stato presentato fuori concorso alla Mostra del cinema, inserito in corsa nel programma di Venezia77, Regina King, premio Oscar come migliore attrice non protagonista in Se la strada potesse parlare - e ora al suo debutto nella regia - quasi non ci credeva: «Mi sono data un pizzicotto, un festival così prestigioso». Alla Biennale aveva fatto sapere che sarebbe stata presente al Lido, lei e tutto il cast. Non aveva considerato che la pandemia le avrebbe impedito di raggiungere l'Italia, negandole l'emozione degli applausi alla proiezione riservata alla stampa - mai così tanti dall'inizio del festival - e poi il red carpet per l'anteprima mondiale. One Night in Miami ha dovuto così raccontarlo a distanza, via Zoom.



I FATTI
Ambientato durante la notte del 25 febbraio 1964, il film racconta la storia del ventiduenne Cassius Clay (Eli Goree), in seguito noto col nome di Muhammad Ali, nel momento in cui diventa il nuovo campione dei pesi massimi al Miami Beach Convention Center dopo aver sconfitto, contro ogni aspettativa, Sonny Liston. Mentre una grande folla si raduna a Miami Beach per festeggiare la vittoria, Clay, che non può restare sull'isola a causa delle leggi sulla segregazione razziale, trascorre la nottata all'Hampton House Motel in uno storico quartiere nero di Miami. E qui, al chiuso di una stanza, «una topaia», celebra la vittoria assieme a tre dei suoi amici più stretti: l'attivista Malcom X (Kingsley Ben-Adir), il cantante Sam Cooke (Leslie Odom Jr), la star del football americano Jim Brown (Aldis Hodge). Ma non è una festa come aveva immaginato: Malcom, che di lì a un anno sarebbe stato assassinato ad Harlem, convince gli amici a sposare la causa dei fratelli. Il binario del confronto è duplice. C'è la religione: Clay sta per ufficializzare la sua conversione all'Islam anche se sa che sarà dura («Io no, mi mancherebbero troppo le costate di maiale di mia nonna», gli dice Brown), mentre Malcom confessa la sua decisione di uscire dalla Noi, la Nation of Islam, per fondare un proprio movimento. Sono quattro amici. Nella sceneggiatura di Kemp Powers che ha ricostruito quella notte a Miami, Malcom sa che i suoi amici - Cooke con la sua voce, Brown nello sport e poi nel cinema, Clay sul ring - possono diventare delle icone per il popolo nero. I quattro litigano, paiono dividersi. «Conta di più il potere politico o il potere economico?», chiede il cantante. Ed è scettico anche l'atleta pur sapendo che le discriminazioni sono tante anche da parte dei bianchi che ti apprezzano («Sai che non faccio entrare negri in casa», gli aveva detto un vicino dopo averlo riempito di lodi). Quella notte gli amici si confrontano e si scontrano, un dialogo a quattro voci sul black power, i diritti dei neri, le lotte per l'emancipazione.

L'ATTUALITÀ
«È incredibile come oltre 50 anni dopo queste conversazioni tra neri - dice Regina King, protagonista del movimento #MeToo e attivista - siano sempre le stesse che potremmo ascoltare oggi: come essere accettati, come contare, come non avere le porte chiuse dai bianchi, come farsi rispettare, come non essere chiamati negri. La storia vera di One Night in Miami è incredibilmente molto contemporanea. Vederla oggi, con le lotte americane di questi giorni, le marce del movimento Black Live Matters fa impressione, siamo in un momento esplosivo e, anche se pensando al film e mentre giravamo un anno fa non c'erano stati l'omicidio di George Floyd né le rivolte, quest'opera aveva dentro di sé un destino, marciava da sola e io ne sono fiera». 
A causa dell'emergenza sanitaria del coronavirus si era pensato a rinviare l'uscita del film: «Ma io mi sono opposta, One Night in Miami va visto adesso. È una lettera d'amore alla lotta di queste persone coraggiose, alla loro esperienza umana, hanno avuto esperienze atroci di razzismo, sono stati dei grandi leader, ma prima di tutto uomini. Riascoltarli, farli conoscere è una grande missione per me».


(Cassius Clay in una foto del 1970. Archivio Gazzettino)
Ultimo aggiornamento: 10:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci