«Una certificazione sicura, nessun cinese potrà copiare i prodotti». La blockchain per difendere il made in Venezia

Martedì 18 Aprile 2023 di Elisio Trevisan
«Una certificazione sicura, nessun cinese potrà copiare i prodotti». La Blockchain per difendere il made in Venezia

MESTRE - «La mia idea l’ho detta all’assessore Costalonga: la dove c’è possibilità di presidiare un tracciamento di flusso di informazioni e materiali, la blockchain, grazie a crittografia e protocolli di consenso, può rappresentare uno strumento e un’opportunità inesplorate». Anche per il giovane ingegnere Pietro Furlan, Venezia è la più antica città del futuro: «Quando ho comprato casa a Venezia sono stato tre mesi ad aspettare un frigorifero ma dopo quattro giorni avevo il wi fi ad alta velocità».

La blockchain, letteralmente “catena di blocchi”, è basata sulla tracciabilità e per Furlan potrebbe avere vasti ambiti di applicazione come amministrazione pubblica, trasporti, raccolta differenziata, real estate e anche informazione, in ottica di lotta alle fake news. La definizione che si trova in internet è “una rete informatica di nodi che gestisce in modo univoco e sicuro un registro pubblico composto da una serie di dati e informazioni, come le transazioni, in maniera aperta e distribuita, senza che sia necessario un controllo centrale”. Detta così, però, non è così semplice da capire.

Perché potrebbe essere così utile a Venezia?
«Questa città è un laboratorio ideale perché, molto più che altrove, è necessario presidiare un prodotto tipico che poi si trova in tutto il mondo. Inoltre per i numeri non eccessivamente grandi di residenti, operatori e attività, c’è la possibilità di assicurare un controllo maggiore».

Cosa vuol dire questa benedetta blockchain.
«Qualsiasi prodotto necessita di valutazioni di qualità, di dimensioni e temporali. Ecco, con una blockchain posso realizzare una carta di identità di qualsiasi prodotto alla quale l’utente finale potrà ricorrere per avere la più sicura certificazione di origine esistente sulla terra. Con la blockchain, insomma, nessun altro potrà prendere il mio posto nell’attività della creazione, nessun cinese potrà fare quel che faccio».

Ma se qualcuno si impadronisce delle credenziali? Chi impedisce di fare i furbi e magari organizzare una truffa come quella di Nft di Silea (la New Financial Technology) che avrebbe fatto sparire circa 100 milioni in criptovalute investiti con la promessa di interessi del 10% mensile? La criptovaluta bitcoin è basata sulle blockchain.
«La blockchain non è bitcoin, è l’infrastruttura tecnologica sulla quale viene scambiato il bitcoin. Come dire che se c’è il treno, l’infrastruttura è il binario. I binari sono la blockchain, il treno che passa sopra è il bitcoin. La truffa è avvenuta maneggiando i bitcoin secondo il classico schema Ponzi, la piramide: persone che promettono guadagni impossibili del 10% al mese, e per mantenere quella promessa devono far entrare nuovi investitori che, con i loro soldi o bitcoin, pagano gli interessi ai primi entrati e via di seguito, fino a che non salta il banco perché non trovano altri investitori. Non è il valore del bitcoin che sale o scende ma la partecipazione dei creduloni che rende possibile pagare le cedole agli ideatori della truffa e ai primi entrati».

Allora conviene investire in bitcoin?
«Con i truffatori no di sicuro. Poi se uno vuol comprare bitcoin, io ne ho un po’, deve sapere che hanno il loro valore che, come per altri beni legati al Nasdaq, la borsa dei titoli tecnologici, può salire e scendere: nel 2021 il bitcoin era cresciuto molto, poi è calato moltissimo, ora sta tornando a crescere. Nel lungo periodo tende a salire ma non certo garantendo rendimenti del 10% mensile, e neanche annuale».

Era meglio quando, agli albori nel 2009, serviva solo come mezzo elettronico tra soggetti privati per scambiarsi prodotti o servizi, alternativo ai soldi; un po’ come nell’antichità quando le persone pagavano con le conchiglie?
«Forse sì, ma poi qualcuno ha deciso di pagare una pizza in bitcoin e, soprattutto, il pizzaiolo li ha accettati. Da lì è nato l’aggancio con le valute e ha fatto sì che il bitcoin diventasse un bene ricercato. Così sono nate anche le borse che lo trattano e, dal momento che c’è qualcuno che lo compra e altri che lo vendono, il bene è diventato soggetto a volatilità come tutti gli altri, anzi di più perché non è ancora giunto a maturazione, ha tantissime variabili, non è molto conosciuto, è legato alla sfera tecnologica che, a sua volta, è estremamente variabile».

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