L'attore veneziano Diego Ribon: «Amo i miei antieroi cattivi per necessità»

Mercoledì 5 Maggio 2021 di Chiara Pavan
L'attore veneziano Diego Ribon: «Amo i miei antieroi cattivi per necessità»

L'attore veneziano Diego Ribon tra cinema e piccolo schermo: il set del nuovo film di Virzì, il progetto con Rossetto, le fiction a cui sta ora lavorando e quelle appena viste in tv, da Rocco Schiavone a Petra.


L'INTERVISTA
Ai suoi uomini di scarse qualità cerca sempre di restituire «una sorta di umanità».

Dal parassita di Piccola Patria all'impresario edile che si scava la fossa per ambizione in Effetto domino, Diego Ribon dona sempre una sfumatura in più, quella «disperazione tipica», forse, del Nordest in cui è nato e che si lega alla natura dei personaggi che interpreta. L'attore di Mira, classe 1960, ama il cinema poco consolatorio di Alessandro Rossetto che, dopo Piccola Patria ed Effetto domino, l'ha guidato nella pièce teatrale Una banca popolare prodotta dallo Stabile del Veneto e diventata film in attesa di debutto in sala. D'altra parte, a Ribon interessa «ciò che è tragico, non drammatico», proprio come i suoi antieroi sempre alle prese con un mondo da stritolare: «Il tragico è insito nella persona, in quanto avviene proprio nel momento in cui lo pratichi - spiega - Mentre il drammatico è l'interpretazione del tragico. Insomma, mi piace di più l'attore che si occupa di essere e non di rappresentare».


Ora è al lavoro con Virzì in Siccità.
«Un grande film corale, una commedia ambientata in una Roma dove non piove da tre anni, e la mancanza d'acqua stravolge tutto. Una parabola sul tempo che stiamo vivendo. Interpreto un professore del Nordest, una figura illustre, chiamato a Roma per presenziare alle trasmissioni tv e dare il suo contributo alla crisi idrica».


L'abbiamo appena visto in tv, marito antipatico dell'investigatrice Petra e medico attento che cura a Rocco Schiavone.
«Adoro Marco Giallini e il suo Rocco Schiavone. Quando trovi le persone che ti assomigliano, nel senso che la pensano come te sul lavoro, insomma tutto è più fluido e divertente».


Altri progetti in tv?
«Tra poco inizio una serie, provvisoriamente si chiama Le avventure di Carlo Monterossi, ispirata ai romanzi gialli di Alessandro Robecchi, scritta e diretta da Roan Johnson. Il tono è molto british, con black humour. Sto leggendo le sceneggiature, saremo a Milano e Roma. Poi a maggio inizio le riprese del film di Ciro D'Emilio, Per niente al mondo, con una parte girata a Trieste con Guido Caprino».


Lei ha lavorato con registi importanti, dalla Cavani a Bellocchio, Placido e anche nel film che ha lanciato Sorrentino, Le Conseguenze dell'amore.
«Penso sia uno dei suoi film più belli. Aveva una sceneggiatura scritta benissimo, con descrizioni che restituivano le atmosfere come in un romanzo. Paolo citava persino le musiche che già aveva in testa. Come regista è preciso, sa quello che vuole. I suoi personaggi escono dal linguaggio del mero quotidiano». 


Le riprese si sono svolte a Treviso: l'albergo del film è proprio in centro a Treviso.
«L'esperienza trevigiana è stata divertente, con Toni Servillo si rideva molto, ci avevo lavorato in precedenza anche a teatro. Saremo rimasti al Continental di Treviso, ma simulavamo di essere a Lugano. La cosa curiosa era affacciarsi alle vetrine dell'albergo e vedere il cartello stradale che indicava Lugano. Un hotel bellissimo, meravigliosamente demodè».


Lei spazia spesso tra cinema e televisione: ma quale molla scatta? La storia? Il regista? I compagni di viaggio?
«Si lavora sia per entusiasmo che per necessità, bisogna distinguere. Per la pagnotta sai che devi essere pagato in un certo modo, per l'entusiasmo dici va beh, mi pagherai. E in mezzo a questo, un ulteriore distinguo, che spesso inficia le scelta. Ossia non so lavorare con chi non mi piace».


Con Rossetto ormai fate una banda: Mirko Artuso, Maria Roveran, Roberta Da Soller, Nicoletta Maragno. 
«Un bel team, come esisteva una volta, quando c'erano gruppi che lavoravano sempre insieme un progetto dopo l'altro. È un modo di lavorare diverso dall'industria, ed è molto bello perché ti conosci, c'è condivisione con persone con cui interagisci sia nella vita che nel percorso artistico».


Senta, mai una figuraccia? Sul palco o sul set?
(risata) «Avevo invitato un noto regista a vedermi a teatro, ma lui se n'è andato via alla fine del primo tempo, e mi ha scritto poi un messaggio, era scandalizzato dallo spettacolo. E io, la sera, sfogo la mia frustrazione insultandolo in un sms che volevo inviare alla mia compagna, e il caso vuole che lo mandi proprio a lui! All'epoca mi sembrò una cosa terribile, se ci ripenso adesso mi viene da ridere».

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