Sanità malata, tra Pordenone e Udine mancano quasi 400 infermieri

Mercoledì 3 Agosto 2022 di Loris Del Frate
La carenza di organico blocca anche le apparecchiature

PORDENONE - Agosto nelle strutture sanitarie della regione sarà il mese più duro. Chi dovrà lavorare in questo periodo, infatti, oltre a farsi carico delle ferie dei colleghi dovrà correre di reparto in reparto per coprire i buchi in organico. Che sono tanti. Per la verità la carenza di personale nelle strutture sanitarie di Pordenone e Udine ha trascorsi ben lontani, ora, però, ha raggiunto livelli che rischiano di mettere in crisi la qualità delle cure. Due dati che valgono più di mille parole: a Pordenone mancano circa 120 infermieri negli ospedali e strutture del territorio. A Udine il numero si impenna e rispetto alle piante organiche le assenze sono intorno ai 240 operatori sanitari. Ai quali, udite udite, si devono sommare anche gran parte dei circa cento che non si sono mai vaccinati e quindi sono ancora a casa. Una situazione disastrosa.
 

I RINFORZI

Qui arriva il bello. Se da un lato i direttori generali delle Aziende, pordenonese (Giuseppe Tonutti) e udinese (Denis Caporale), si sono mossi (secondo i sindacati in ritardo) attingendo dalle graduatorie tutti gli infermieri possibili, il vero problema dall’altro lato è che non ci sono numeri sufficienti per ripristinare i buchi nei reparti. I rinforzi arriveranno a fine settembre, forse ottobre, ma a quel punto tra i pensionamenti, i licenziamenti volontari e la cronica carenza di personale, non basteranno neppure minimamente a coprire le assenze. Certo, ci sarà un miglioramento, ma sarà ancora poco a fronte del rischio che Covid e ondata influenzale possano tornare a riempire ospedali e servizi sul territorio.
 

I TURNI

Intanto chi è rimasto al lavoro sino ad oggi e dovrà continuare in attesa dei nuovi assunti, si è trovato una bella sorpresa: i nuovi turni. Già, perchè per far fronte alle carenze in organico la cosa migliore che è stata trovata, soprattutto nei pronto soccorso di Udine e Pordenone, è stata quella di studiare nuovi turni da 12 ore. In pratica un infermiere dell’emergenza, subissato da numeri elevatissimi di entrate al pronto soccorso, dovrebbe resistere 12 ore di fila. L’esperimento è già attivo all’ospedale di Tolmezzo, è stato provato in alcuni reparti del Santa Maria degli Angeli e non per 3-4 giorni magari in sostituzione di una malattia breve, ma per alcune settimane. Facile immaginare i risultati: infermieri che non ce la fanno più. Ora potrebbe toccare ai pronto soccorso dove la situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che gli ingressi sono sulle 24 ore. 
 

LA FUGA

«Il risultato di queste sperimentazioni - spiega Pierluigi Benvenuto della Cgil pordenonese - è che si è ulteriormente amplificata la fuga di personale verso strutture private. In pochi mesi se ne sono andate almeno una quindicina di persone e altre sono in procinto di farlo. È chiaro che succede questo, perchè in un clima già stressato e difficile da sostenere un turno di 12 ore è impossibile. E così i nuovi arrivi a fine settembre - va avanti - serviranno in gran parte a coprire chi si è licenziato volontariamente per andare altrove». La stessa fotografia all’ospedale di Udine. «Noi - taglia corto Andrea Traunero della Cgil - siamo andati dal Prefetto a manifestare il disagio che si sta vivendo all’ospedale di Udine tra il personale. La situazione è estremamente grave in quasi tutti i reparti, soprattutto al pronto soccorso. Dalla Regione ci hanno assicurato che entro la fine dell’anno saranno assunti 500 operatori sanitari, ma viene da chiedersi da dove li pescheranno. Intanto anche qui contiamo quasi ogni giorno chi si sta dimettendo per andare a lavorare nella sanità privata».
 

I REPARTI

Una situazione, dunque, al limite della sopravvivenza per chi lavora nella sanità regionale e che sta veramente per esplodere. «Onestamente - spiega ancora il sindacalista pordenonese della Cgil - se dovessi elencare alcuni servizi in difficoltà farei un torto a quelli che lavorano negli altri.

La situazione è complicata praticamente ovunque, almeno a Pordenone. Devo anche ammettere che con il direttore Giuseppe Tonutti il clima interno è migliorato rispetto a quando il direttore era Polimeni, ma evidentemente gli operatori non lo percepiscono questo miglioramento. Il fatto è che sono stremati e credono poco alle promesse. Vogliono fatti concreti». Già, i fatti concreti. Ma come fare almeno per trattenere quelli che stanno decidendo se andarsene o restare nella sanità pubblica? «La Regione - spiega Traunero - dovrebbe incentivare in qualche maniera il personale in modo da rendere almeno economicamente più competitivo il servizio pubblico in questo momento di grosso disagio. Non che nel privato si guadagni di più con lo stesso orario, ma almeno i turni non cambiano ogni due per tre. Ci sono, insomma, più certezze per programmare la vita familiare visto che il 70 per cento degli operatori sanitari sono donne e soprattutto c’è una migliore qualità di vita».

Ultimo aggiornamento: 17:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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