UDINE - Il primo colpo - durissimo - era già arrivato con la chiusura del porto di Mariupol, ormai assediato dall'esercito russo che martella la città martire dell'Ucraina sulle rive del Mar di Azov. Da lì partivano le navi che facevano rotta su Monfalcone (Gorizia) e quindi verso il fondale più basso del porto di San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine.
L'IMPATTO
Il polo dell'acciaio di Mariupol sembrerebbe essere conteso, non ancora nelle mani del battaglione guidato dai ceceni per conto dell'esercito russo. Ma è stato pesantemente danneggiato durante i combattimenti della scorsa notte. È tramontata quindi anche la seconda (e ultima) opzione di trasporto delle bramme verso l'Unione europea, cioè quella che faceva riferimento ai collegamenti ferroviari. La possibilità l'aveva confermata il ministero delle Ferrovie dell'Ucraina. Ora questa possibilità non c'è più. E non ci sono nemmeno tempi di recupero per la più grande acciaieria d'Europa, legata a doppio filo con il settore metallurgico e siderurgico del Friuli Venezia Giulia, che ora rischia sempre di più una carenza di acciaio prolungata. «È un problema - ha confermato Anna Mareschi Danieli, al vertice del gigante dell'industria friulana che porta il suo cognome -, perché in Italia non soddisfiamo nemmeno la domanda interna e dalla Cina non possiamo importare perché la produzione non soddisfa le normative legate alle emissioni di anidride carbonica».
LE SOLUZIONI
Il laminatoio di San Giorgio di Nogaro non ha più acciaio fresco da poter lavorare. Di conseguenza le più grandi aziende friulane non possono più contare su rifornimenti certi e immediati. Le direttrici sulle quali si lavora per sopperire almeno in parte all'assenza dell'acciaio ucraino (da ricordare che a causa delle sanzioni non arriva nemmeno più la materia prima russa) sono al momento due: il mercato sudamericano e la produzione che arriva dalla Serbia, sulla quale ci sono delle novità recenti. Si parte però dal Sudamerica, con i contatti tra le aziende friulane e il mercato brasiliano che sono già stati avviati. Proprio a San Giorgio di Nogaro è attesa prossimamente una nave carica di bramme provenienti dal Brasile. Ma c'è un oceano da navigare e l'arrivo non è previsto prima di tre settimane. Senza contare un costo di trasporto praticamente triplo rispetto alla tratta Mariupol-Monfalcone attraverso Mar Nero, Egeo, Mediterraneo e Adriatico. Il mercato serbo invece è in fibrillazione. La Commissione europea, proprio per far fronte alla crisi dei materiali acuita dalla guerra in Ucraina, ha allentato la morsa commerciale su Belgrado, liberando quote aggiuntive di acciaio da Belgrado. E anche in Friuli è scattata la corsa all'acquisto.
I BLOCCHI
Intanto è alle porte un'altra settimana dura. La Zml di Maniago (Gruppo Cividale) sta lavorando a singhiozzo con molte difficoltà nella produzione dei componenti in ghisa e operai a rotazione in cassa. La stessa situazione si registra in alcuni colossi udinesi della siderurgia come il Gruppo Pittini e l'Abs, nel gruppo Danieli. Anche per questo motivo il presidente regionale Massimiliano Fedriga ha annunciato che «a luglio nell'assestamento di bilancio adotteremo misure mastodontiche, dico mastodontiche, per difendere la nostra economia e lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia». A patto che basti.