Il prof in pensione esordisce con un disco: «Per il mio amico Josko»

Domenica 27 Novembre 2016 di E.B.
Il prof in pensione esordisce con un disco: «Per il mio amico Josko»
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TRIESTE - Alla "tenera" età di 67 anni, dopo una vita ad insegnare matematica, Fulvio Bozzetta arriva al suo esordio discografico. Nonostante i numeri e i calcoli siano stati il suo pane quotidiano, la passione per la musica non l'ha mai abbandonato e ha continuato a scrivere canzoni fino ad oggi. Il risultato è un disco fuori dagli schemi che ricorda Paolo Conte ma è un'altra cosa: «Ogni pezzo nasce da sè da un'intuizione che può essere testuale, musicale o ritmica. I testi vanno dal nonsense alla poesia, dalla funzione consolatoria per la morte di un amico all'amore per le mie donne, dalla compassione per le sofferenze al disprezzo dell'imbecillità». Tratto da "Metabolismo lento" è il brano "Josko", rigorosamente acustico dove i suoni assieme alle parole raccontano, attraverso l’allegoria del ballo, la lotta di un uomo contro la morte. Joško era sloveno, una vita anarchica senza regole, uno spirito libero e nomade, amante delle diversità culturali ed etniche. Amava le Jaguar, i cavalli, il ballo, lo sci alpinismo, il suo Carso, il mare.

«Mai appagato - ricorda l'autore -  mi trascinava in giornate interminabili fatte di mare, osmize in carso e milonghe in giro per il Friuli. Lavorava come rappresentante e procacciatore di affari nel settore edile e soprattutto del marmo, di cui era un vero esperto. Il suo giro di affari crolla con lo sfaldamento della Jugoslavia. Da quel momento deve ricostruire una nuova rete di contatti e gira tutta l’Italia, la ex Jugoslavia e spesso anche altri paesi dell’est con un caravan dove ha passato molti anni della sua vita. Da qualche viaggio tornava con una Jaguar, al cui fascino non sapeva resistere pur essendo quasi sempre squattrinato. Era una specie di cavaliere errante, più Don Quijote che Roland, ma sempre dentro qualche avventura». Un amico speciale che ha combattuto per anni contro un tumore devastante mescolando cure standard a pratiche alternative. «Avrei scommesso sulla sua vittoria - prosegue Bozzetta - tanto sapeva nascondere la gravità della malattia e sembrare sempre al massimo. Una settimana prima di morire è venuto a salutarmi come se niente fosse, si è lamentato della cena e mi ha lasciato con il cuore pieno di speranza. La canzone è nata come un fatto privato, una mia rielaborazione personale del lutto. L’ho cantata agli amici di Josko durante una bicchierata in suo ricordo ed è diventata una consolazione anche per loro. La canzone aveva una sua forza intrinseca che conquistava chi la sentiva per cui ho pensato che meritava di essere liberata dal mio personale sentire e diventare pubblica».
Ultimo aggiornamento: 13:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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