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Sara, penna rosa, dirige Fameja Alpina: «Orgogliosa del mio cappello»

Nordest > Treviso
Domenica 24 Maggio 2020 di Cristiana Sparvoli
Sara Zanotto
  • 196
TREVISO Una penna rosa tra undicimila penne nere. La ventottenne Sara Zanotto è giornalista pubblicista; dal 2013 al 2016 si è arruolata nel corpo degli Alpini. Da un anno dirige “Fameja Alpina”, il periodico che dal 1955 racconta la vita della sezione Ana di Treviso, formata da 89 gruppi suddivisi in 54 comuni, presieduta da Marco Piovesan. La bassanese Sara ha preso il posto di Piero Biral, che della testata è stato direttore per diciotto anni. Prima giornalista donna a dirigere l’house organ degli Alpini trevigiani, Zanotto è l’erede di Mario Altarui che, il 4 aprile 1955, firmò il primo numero di “Fameja”, tra i primi fogli del genere in Italia. La testata colorata di nero (poi sostituito con il verde), sullo sfondo il disegno della piazza dei Signori, sormontato dalla caratteristica penna nera che fuoriusciva dall’emblema dell’Ana. Il sottotitolo, “tute le montagne xe Grappa, tuta l’acqua xe Piave”, fu suggerito da Ugo Gastaldello, poichè “riassume in poche righe la devozione ai luoghi ove gli Alpini erano caduti per la Patria”. Altarui all’epoca scriveva per 2635 soci dell’Ana; tredici lustri dopo gli iscritti sono 10.890, tra effettivi e aggregati. Il periodico esce ogni tre mesi, con una tiratura stimata in undicimila copie.
L’EMERGENZA
L’emergenza coronavirus ha rivoluzionato le attività dell’Associazione Nazionale Alpini (impegnatissima, comunque, sul fronte della solidarietà e della protezione civile), tra cui le celebrazioni che erano state pensate per i 65 anni di “Fameja Alpina”. Il compleanno del 4 aprile è stato cancellato dall’allarme pandemia, ma la redazione ha continuato la sua opera di informazione nella modalità online. Un segno dei tempi e della modernità, che si sposa con la giovane età della nuova direttrice responsabile, studentessa di scienze politiche. Sara, come è arrivata a scegliere di essere una penna nera? «Sono alpina a tutti gli effetti e del mio cappello sono molto orgogliosa. Stavo facendo l’università quando ho provato a fare il concorso per entrare nell’Esercito e l’ho vinto. Sono stata tre anni di stanza a Montorio Veronese e poi a Bolzano, città che portò nel cuore. A Bolzano lavoravo nella segreteria del capo di stato maggiore, al Comando Truppe Alpine. Grazie agli alpini che ho incontrato, ho capito che hanno una marcia in più, nel valore della condivisione e nel mettersi sempre a disposizione degli altri. Io avevo fatto una scelta professionale, che alla fine del 2016 però ho dovuto lasciare. Ma ho imparato molte cose. Lavorando al fianco di alpini straordinari, ho davvero capito cosa vuol dire stare al mio posto, nel senso più positivo del termine».
LA RIVISTA
Come è stata “arruolata” dall’Ana per dirigere “Fameja Alpina”? «Ho sempre avuto passione per la scrittura. Ho preso la tessera da pubblicista nell’elenco speciale e il mio diventare direttore del giornale degli alpini è stato naturale. Quando Piero Biral ha lasciato il posto, dopo diciotto anni, hanno fatto il mio nome per sostituirlo ed eccomi qui. Biral è rimasto nella redazione, formata da una decina di persone, compresi due grafici di mestiere. Devo dire che tutti i gruppi dell’Ana Treviso sono molto bravi; ci mandano articoli, notizie, foto. Il riassunto della vita associativa. Il primo numero di quest’anno è uscito online, a causa della pandemia. Ma spero di tornare presto alla carta, a cui gli alpini sono affezionati, e stamperemo anche il numero online. Abbiamo scelto di utilizzare la carta riciclata, per ottimizzare le risorse. Memoria storica sì, ma al passo con i tempi».
FESTA SALTATA
L’emergenza sanitaria ha fatto saltare la sessantacinquesima festa di compleanno del periodico «La festa cadeva giusto di sabato, il 4 aprile, giornata che avremo dedicato al piacere della condivisione e dello stare insieme. Abbiamo deciso di rimandare i festeggiamenti a tempi migliori e destinato le risorse di questo anniversario al fondo di solidarietà, istituito dall’Ana Treviso, che ci ha permesso di versare 100 mila euro a sostegno delle strutture ospedaliere e della Protezione civile. Già nel primo articolo pubblicato da “Fameja Alpina” si capisce da dove sono partiti questi 65 anni. Il raccontare agli altri la testimonianza che si può fare del bene e ricordare che i nostri “veci” hanno sostenuto battaglie ben più gravi. L’Ana ha il pregio di essere un esempio di altruismo verso la collettività. Anzi, è una grande influencer, detto in termini molto nuovi». 
Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 11:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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