De Pieri, pianista d'organo tra i più famosi al mondo e baronetto della Regina

Giovedì 10 Febbraio 2022 di Elena Filini
Sergio De Pieri

TREVISO - Vedere alla voce: attitudini rossiniane. Pianoforte, organo, cucina e viaggio. Sergio De Pieri, 90 anni il prossimo novembre, ha saputo declinare il suo talento tra Venezia e l'Australia, sua patria d'adozione. Per i meriti artistici la corona britannica l'ha nominato Sir. Baronetto e gourmand, ha fondato uno dei festival più importanti del continente. E oggi racconta le origini contadine, la sfida della musica e l'entusiasmo che ancora non lo abbandona. «Con l'Organs of the Ballarat Goldfields Festival ho coronato il mio sogno: creare un luogo con ospiti da tutto il mondo dove musica e cucina dialogano». Una vita tutta a raccontare la sua.. «Non mi sono mai arreso: volevo realizzare il sogno di diventare musicista. Non era scontato tuttavia: sono figlio di contadini e mi sono innamorato della musica a nove anni ascoltando l'organo della chiesa di Casier, nelle campagne trevigiane. Ho ereditato fortunosamente un pianoforte da uno zio gesuita. Ho iniziato così, poi in chiesa come cantore soprano».
La famiglia l'ha incoraggiata? «C'era della resistenza, nella psicologia dei miei artista equivaleva un po' a fannullone.

Io facevo mille lavori, ma avevo un obiettivo chiaro. Così studiai alla scuola ceciliana di via Filodrammatici con i maestri trevigiani D'Alessi, Pavan, Pasut e De Donà. Era un avviamento di quattro anni alla professione di organista. Si studiava un po' di tastiera, teoria e solfeggio, canto gregoriano, un minimo di direzione di coro. Ma certo fare l'organista liturgico non era ciò che sognavo per me».


GLI ESORDI

Il salto arriva con un concerto a Fiera di Primiero. «Ero un giovani organista, ma già avevo capito che anche la musica è impresa, che era necessario organizzare anche in proprio gli eventi. E così feci. A quel concerto c'era una pianista di origine veneta in vacanza sulle Dolomiti che lavorava ad Alessandria d'Egitto e il maestro Sandro Dalla Libera, che insegnava al Benedetto Marcello. Lui mi voleva a Venezia, ero il suo unico studente in conservatorio. Devo a lui se ho imparato la tecnica a pedali. Sono stati anni bellissimi, mi sono perfezionato in pianoforte con Gino Gorini, studiavo composizione con Amendola che era anche direttore.. ho imparato molto». Poi? «Sono passato alla Chigiana di Siena e ho avuto l'onore di conoscere Pablo Casals, Segovia, il pianista Agosti, il direttore d'orchestra Franco Ferrara. Un bel biennio, al termine del quale ho dovuto iniziare a pensare cosa fare da grande».


IL GRANDE SALTO

Era il 1961. «Avevo il mito dell'America, volevo partire, volevo emigrare e diventare un musicista all'estero. Ma per gli Usa ci volevano tantissimi soldi. Optai per l'Australia ma non era facile. Volevano artigiani, contadini, operai non organisti! E la mia domanda veniva sempre respinta. Finchè non mi venne un'idea. Ero pur sempre figlio di contadini e quindi scrissi che facevo il contadino. Mi andò bene e partii. Non sapevo una parola d'inglese, ma avevo in valigia un abito di perfetto taglio sartoriale italiano. Mi sarebbe servito!». Era anche riuscito a trovare un padrino.. «Lo ricordo come Piero dei Pomi: era partito dalla campagna trevigiana ed era diventato uno dei grandi produttori di mele a Brisbane. Mi invitò a casa sua. Poi conobbi un italo australiano che lavorava come architetto ma era violinista, lo conobbi ad un concerto alla Town Hall di Brisbane. Eravamo entrambi italiani: formammo un duo e iniziammo coi concerti. Ma ci fu anche un medico, appassionatissimo di musica che mi ospitò per oltre un mese. Io la sera tenevo regolari concerti per lui e il suo entourage. Ma dovevo trovare stabilità».


MELBOURNE

Ed è così che arriva a Melbourne. «Vengo a sapere che l'Università della musica cerca un docente di organo. Nello stesso periodo anche la Cattedrale di Melbourne si stava dotando di un organo nuovo. Un altro colpo di fortuna. Essere un organista italiano in Australia apriva molte porte. Iniziai così a insegnare in Conservatorio e diventai titolare dell'organo della cattedrale. Nel frattempo tenevo tourneè di concerti in Usa e in Canada. Dodici anni bellissimi». In uno dei tour decide di tornare in Italia: «Vado a trovare i miei e gli amici, e mi viene detto che in quel periodo, erano gli anni Settanta, in Italia avevano aperto tanti conservatori. Vengo chiamato a Venezia al Benedetto Marcello, dove insegno fino al 1992».


LA TERZA VITA

Ma, al momento della pensione italiana, inizia la sua terza vita. «Desidero tornare in Australia. Arrivo a Ballarat, una città a 150 km da Melbourne famosa per i cercatori d'oro, e trovo il mio personale Eldorado. La città aveva molti organi storici ormai in disuso. Da lì mi viene l'idea di un festival. Non solo organistico però: invitiamo solisti, cori, orchestre. Il festival, nato nel 1995, prende quota. E diventa una delle realtà più importanti in Australia. Così, anche grazie a quello, la Regina mi insignisce del titolo di baronetto per meriti artistici». Quindi, sir De Pieri, cosa è per lei l'Australia oggi? «Resta il mio paradiso. Ho realizzato il festival che desideravo. Oltre ai concerti, con uno staff di sei persone io cucino per tutti. E faccio i piatti che amo, ad iniziare dalla pasta e fagioli». Nel cuore del continente, a Mildura, suo fratello Stefano ha uno dei ristoranti più rinomati d'Australia. «Si, questo continente bellissimo e lontano ci ha dato grandi chance. Personalmente sono felice di aver potuto lavorare in Italia in un'istituzione di grandissimo valore come il Conservatorio di Venezia. Ma è in Australia che ho realizzato i miei sogni come organizzatore musicale. Oggi Ballarat mi manca: a causa del lockdown dal 2020 sono fermo. Se penso che per venticinque anni non ho visto l'inverno...».

Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 10:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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