Il sogno azzurro di Alyssa: a 19 anni in lizza per il 6 Nazioni

Martedì 30 Marzo 2021 di Silvano Cavallet
Il sogno azzurro di Alyssa: a 19 anni in lizza per il 6 Nazioni

«Le convocazioni interesseranno 26 atlete anche se poi, a referto, sono 23 quelle indicate. Ma confesso che, se anche mi toccasse di passare tutto il tempo in tribuna, considererei questo periodo come un'esperienza fantastica e indimenticabile». Va diretta al punto, Alyssa D'Incà, quando le si chiede come vede il suo futuro prossimo di rugbista all'interno dell'ambito azzurro.

Perché l'atleta bellunese, ora in forza al Villorba Rugby, è diventata un'abituale frequentatrice di raduni e collegiali della squadra azzurra ormai prossima al debutto nel 6 Nazioni 2021.


Un punto importante di un percorso iniziato molto presto.
«Da quando ho cominciato a giocare, a 6 anni d'età, la passione non mi ha più lasciato. A 14 anni giocavo in una formazione tutta femminile (il settore propaganda prevede, invece, anche squadre miste, ndr) e guardavo con stupore, con ammirazione le giocatrici della nazionale che già stavano crescendo. Sognando di poter diventare una di loro. Cosa che, poco alla volta, è diventata una realtà».


Che cosa si prova la prima volta che si entra nel Club azzurro?
«Uno stato, credo inevitabile, di ansia. Ti chiedi: sarò all'altezza? Saprò inserirmi? Poi, però, capisci rapidamente che quello è uno straordinario gruppo di atlete; che si sentono in dovere di aiutarti nell'inserimento, sicché tutto procede nel migliore dei modi».


Negli ultimi quattro mesi hai partecipato a diversi collegiali e adesso si fa sul serio: alle porte c'è il 6 Nazioni. Con un piccolo intoppo, però.
«Sì, in una giocatrice, al ritorno dalla Francia, è stata riscontrata una situazione di debole positività. Che, ovviamente ha fatto scattare tutte le previsioni del caso. A iniziare della chiusura anticipata dell'ultimo raduno. E dalla programmazione - per tutte le convocate - di una serie di tamponi cui ci sottoporremo in questa settimana. In verità, nella prospettiva di attivare la bolla in vista del torneo, li avremmo fatti in tutti i casi. Ma adesso li faremo anche per chiarire il quadro complessivo».


Un problema, questo.
«Beh, sì. Ma bisogna dire che sinora non avevamo avuto alcun caso; e anche questo pare presentarsi come marginale. Di sicuro contiamo di essere nuovamente tutte libere. A partire dalla nostra compagna che, tra l'altro, è una colonna della nazionale».


Un piccolo passo indietro. Presenti l'invidiabile caratteristica di poter giocare sia da centro, sia da mediano di mischia.
«Negli ultimi tempi sono stata più un secondo centro, ruolo che sento corrispondere maggiormente alle mie predisposizioni alla difesa e al placcaggio. Certo, però, la maglia numero 9 propone un ruolo davvero affascinante. Qui sei la cerniera tra la mischia e i tre quarti; e le tue scelte sono sempre determinanti per l'andamento della partita».


S'usa dire che la palla ovale è una malattia da cui non si guarisce. È vero?
«Assolutamente sì. E dirò di più. I valori che impari a conoscere e a praticare giocando a rugby ti restano dentro per tutta la vita, diventano il filo conduttore del tuo vivere quotidiano».


Facciamo gli scongiuri e immaginiamo tutti i tamponi negativi. Venerdì ci sono le convocazioni e poi?
«Poi si fanno i bagagli e si parte. Partenza il giorno di Pasquetta e ritorno previsto per il 26 aprile».


Tre settimane, quindi.
«Esatto. D'altra parte, stante la situazione pandemica l'unica possibilità per disputare il torneo è quello di vivere nella cosiddetta bolla. Quindi dentro un ambiente sostanzialmente isolato; e con l'obbligo di effettuare due tamponi ogni settimana».


A 19 anni, consideri questa un'esperienza memorabile?
«Certo. Dovrò sudarmi la maglia non lesinando dedizione e spirito di sacrificio. Ma solo l'esserci in questa avventura è un sogno che diventa realtà. E, poi, tre settimane da vivere assieme significano la possibilità di entrare sempre più e sempre meglio a far parte di questo magnifico gruppo». Idee chiare e volontà di ferro. Chapeau!

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