Benetton Rugby, Malakai Fekitoa: «Gli aiuti dopo lo tsunami in Tonga sono la mia vittoria più bella»

Martedì 16 Gennaio 2024 di Carlo Malvestio
Benetton Rugby, Malakai Fekitoa

TREVISO - È stato il colpo di mercato dell’estate, uno di quelli che lascia fantasticare i tifosi, che riempie gli stadi solo col suo nome. Malakai Fekitoa è alla Benetton da luglio e sta contribuendo attivamente a costruire una delle stagioni, finora, più belle nella storia della compagine trevigiana. Classe 1992, pur essendo nato e cresciuto in Tonga, è stato campione del mondo con gli All Blacks nel 2015 e l’anno scorso ha vinto l’Ucr con gli irlandesi di Munster.


Malakai, i primi ricordi che ha del rugby?
«Ho iniziato a giocarci che ero davvero piccolo, a 6-7 anni, in Tonga il rugby è sport nazionale e io avevo già mio fratello che ci giocava a buoni livelli. A 12 anni mi sono iscritto con una squadra locale e poi ho continuato alle superiori, fino alla borsa di studio che ho preso a 17 anni che mi ha permesso di trasferirmi a Auckland, in Nuova Zelanda, dove ho potuto coltivare ancora di più la mia passione per lo sport. Sono cresciuto guardando gli All Blacks a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, la leggenda Jonah Lomu, ma ho ammirato anche Conrad Smith e Ma’a Nonu. Sono tutti giocatori che mi hanno ispirato e che ho sempre sognato di emulare».


Com’è la vita in Tonga?
«Molto semplice, si vive con poco ma senza grandi preoccupazioni. Mio papà lavorava in un’impresa di costruzioni, mia mamma restava a casa visto che siamo 14 fratelli. Ho bellissimi ricordi della mia infanzia, ci siamo divertiti e il rugby ha aiutato a tenere la famiglia unita. Trasferirsi in Nuova Zelanda non è stato facile, anche perché lì di talenti rugbistici ce ne sono davvero tanti e farsi notare non è stato immediato. Sono stato bravo e fortunato ad insistere fino a quando sono stato notato dalla squadra di Auckland, che di fatto mi ha permesso di dare il via alla mia carriera in questo sport».


Quando due anni fa c’è stato lo tsunami a Tonga, si è mosso in prima persona per aiutare.
«Ormai sono lontano da casa da più di metà della mia vita, ma io la considero sempre casa mia. Ogni volta che posso cerco di aiutare, di restituire qualcosa. Lo tsunami del 2022 in Tonga è stato devastante per l’isola (danni da quasi 100 milioni di euro, ndr), le comunicazioni erano interrotte e io, che ero in Inghilterra, sono andato nel panico. Con Claudia, la mia compagna, abbiamo tirato su una raccolta fondi per cercare di coinvolgere la comunità rugbistica negli aiuti e alla fine abbiamo portato a casa circa 100 mila euro coi quali abbiamo comprato cibo e beni di prima necessità, e il resto lo abbiamo destinato agli ospedali di Tonga. È una cosa di cui vado molto fiero. Purtroppo non riesco a tornare a casa quanto vorrei, il rugby occupa 11 mesi su 12 della mia vita, ma quando lo faccio è sempre una gioia immensa».


Dal 2017 è in Europa: Francia, Inghilterra, Irlanda e ora Italia. Dove si è trovato meglio?
«Ogni paese ha le sue peculiarità e sto trovando grandi differenza tra un paese e l’altro. Cultura, lingua, modi di fare, meteo… e il cibo, ovviamente. Sono riuscito ad ambientarmi bene ovunque anche perché dal punto di vista rugbistico sono sempre stato apprezzato grazie a quello che sono riuscito a fare in Nuova Zelanda. In Francia ho trovato uno dei campionati migliori del mondo, ma anche in Inghilterra mi sono trovato bene».


E a Treviso?
«Sta andando alla grande. Sicuramente il fatto di aver cominciato il campionato così bene come squadra mi ha aiutato ad integrarmi subito con i miei compagni, che mi hanno accolto in maniera splendida, come poche altre volte mi era capitato. Non sentirti uno straniero quando entri in spogliatoio, per un nuovo giocatore, è molto importante. E anche la mia famiglia si sta ambientando bene, il tempo è ideale e il cibo è buono. Non siamo lontani dalla famiglia della mia compagna Claudia, che è spagnola, quindi con la lingua riesce a farsi capire. Treviso è un bel posto per vivere. Ho l’impressione che rimarremo qui a lungo (ha il contratto fino al 2026, ndr)…”».


Ha tempo di godersi la città nei momenti liberi?
«Con due bambini le cose da fare non mancano. Appena posso cerco di dare una mano a Claudia, seguiamo molto i loro ritmi, facciamo le cose che fa una famiglia normale. Ci piace fare due passi in centro, prendere un caffè, in linea di massima la mia vita ruota tutta attorno a rugby e famiglia».


C’è qualcosa che non le piace?
«In realtà no. Sono stato abbastanza fortunato da vedere e scoprire un sacco di culture del mondo e, a loro modo, le ho apprezzate tutte. L’Italia è unica, mi guardo attorno e ci sono palazzi che profumano di storia, ma poi apprezzo anche la moda di questo paese e, mi ripeto, il cibo. Vivendoci hai la possibilità di andare oltre i semplici luoghi turistici e alla fine ti lasci incantare da questi splendidi posti».


A 31 anni è nel pieno della sua carriera. Ha qualche sogno?
«Sono sempre stato uno competitivo. Un combattente. Ho lavorato duro per ottenere quello che ho raccolto e non voglio fermarmi ora. In testa ho sempre avuto un concetto chiaro: vincere. Ce l’ho fatta con gli All Blacks e l’anno scorso con Munster e vorrei riuscirci anche con Treviso. Non so se mi restino 8 o 10 anni di carriera, ma lavorerò sempre per raggiungere il massimo livello possibile».

Ultimo aggiornamento: 13:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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