Park Vittoria, polemiche in consiglio comunale a Treviso. La Vecia di Spade contro il Re, le arringhe, i cori della platea e le favole sonore di Bertolazzi

Venerdì 16 Febbraio 2024 di Elena Filini
Park Vittoria, polemiche in consiglio comunale a Treviso. La Vecia di Spade contro il Re, le arringhe, i cori della platea e le favole sonore di Bertolazzi

TREVISO - Park Vittoria, ovvero la commedia all’italiana come cifra amministrativa. Oltre le ragioni, le posizioni, le fazioni, le divisioni e le soluzioni, emerge vivida la verve teatrale della politica trevigiana. Non è Natale in Casa Cupiello, ma Quaresima a Ca’ Sugana. Si parte nel segno dei buoni sentimenti: gli alunni delle Collodi davanti a Mattarella, il ricordo degli esuli istriano-dalmati. Bel momento, discorsi di pace. Gli infanti non fanno neanche in tempo ad infilarsi il cappotto e uscire dai Trecento con la loro bella coccarda in mano che il Consiglio Comunale si trasforma in vaudeville. Perchè, differenza delle solite soporifere sedute consiliari di fronte al vuoto pneumatico, questa sera c’è il pubblico.


I TESTIMONI
Centocinquanta persone venute a saperne di più, a cercare di capire, a testare se davvero la decisione del ritorno al passato sia inevitabile, inoppugnabile, irrimediabile o magari solo il male minore. C’è Italia Nostra con la Presidente Crucianelli, c’è Giampaolo Sbarra anima indipendente della sinistra ed ex amministratore, ci sono residenti, iscritti Pd, qualche ex consigliere comunale, ci sono commercianti. La partenza è soft. Inizia Marco Zabai portando pacatamente ma a voce ferma le ragioni delle opposizioni. Rumori di approvazione in sala e primo applauso a scena aperta. Tocca a Maria Buoso. Cenni di supporto. “Questa a xe brava”. E Buoso, solitamente mansueta, parte come una Giovanna D’Arco trascinando la platea e costringendo l’urbanissimo presidente Antonio Dotto a contingentarla (per lo meno nei tempi). A questo punto è il turno di Antonella Tocchetto. Toc facce sognà. E la storica consigliera inizia fulminando il povero Dotto. (“Presidente! Un po’ di democrazia..”) per poi lanciarsi in un’infervorata arringa in cui però emerge che anche su Pattinodromo e Cantarane non era esattamente accordo e assonanza in casa Manildo. La giovane consigliera Caterina Dozzo parla per i giovani e scandisce una verità che in tanti non vogliono sentirsi dire. «Alla mia generazione le auto di proprietà potrebbero non servire. Noi siamo quelli del car sharing e dei mezzi alternativi».


IL TRIPUDIO
Il pubblico esplode in tripudio. Ma l’esordiente viene rimbeccata da una professorale Beatrice Ciruzzi architetta che con qualche ragionamento di toponomastica creativa la taccia di ingenuità. «Arrogante» è il commento spietato della folla. Franco Rosi ci mette del suo all’indirizzo della povera Ciruzzi, unica voce femminile emersa dalla maggioranza e smorza il match in rosa. Campione d’incassi è sicuramente Guido Bertolazzi che dopo un istruttivo proemio sulla sua infanzia («ascoltavo le favole sonore») proclama definitivo «Treviso non diventerà mai pedonale». È lì che si alza un coralissimo «Vergognaa..» che fa alzare il sopracciglio ai vigili intenti a sminare un paio di dolci effusioni del tipo («bueo can» e fermiamoci qui). Pelloni, stimolato dal brainstorming bertolazziano, propone l’interrato in Piazza dei Signori. Niccolò Rocco difende con argomenti le ragioni della maggioranza seduto forse nel posto sbagliato e si becca del «lecchino». Eccoci alla fine. Giorgio De Nardi cala il re di cuori e snocciola il libro dei perchè con cantilena martellante all’indirizzo del sindaco. Giancarlo Iannicelli sbaglia le previsioni meteo (del pubblico) e scatena le urla di una signora. «Io non vengo portata qui da nessuno, capito? Io vengo da sola». Ecco Andrea De Checchi, messo a tre quarti, occhio luciferino all’indirizzo di De Nardi, gli allunga un bonario «e meno male che non sei diventato sindaco» ma poi si spinge un po’ in là nella captatio elettorale («chi ha votato il centrodestra è intelligente e preparato») suscitando per alcuni un posticipo di Carnevale. Conte agguanta la metafora briscolara ma sostituisce il re con la vecia di spade. «È la carta dell’arroganza» e, per calarla, c’è solo l’imbarazzo della scelta. L’importante poi - nelle discussioni- è andare sul tecnico. «Io non riesco a capire come chi vi applaude non vi dia un calcio nel sedere» conclude tranchant rivolgendosi alla platea dei Trecento.

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