Quell'osteria in mezzo ai colli che piaceva tanto gli artisti

Sabato 15 Agosto 2020 di Elena Filini
Walter e Wilma Balliana, titolare dell'Osteria ai Colli
FARRA DI SOLIGO Cosa aveva di speciale quell’osteria rustica aggrappata alle colline? La verità è nel mosaico di sapori, umori, senso di intimità famigliare che si respirava tra bancone e tavoli. È la magia di una grande passione. E quella di un’enorme dedizione. Walter Balliana ha da poco compiuto 90 anni: quando si alza scattante dalla poltrona per servirti il calice, quando lo sguardo vivo incontra i tuoi occhi, si stenta davvero a credere al dato restituito dall’anagrafe. Eppure. Una vita modellata sul lavoro e sulla curiosità intellettuale. Che ha trovato in Wilma il giusto contrappunto di eleganza e concretezza. Da queste parti sono un’istituzione: perchè l’Osteria ai Colli a Col San Martino ha fatto davvero la storia delle colline del Prosecco Superiore.
BAR FREGENE  «Quando comprammo l’osteria eravamo appena rientrati dalla Svizzera. Si chiamava bar Fregene perchè il cugino che ce la vendette era stato, come molti Balliana, a Macarrese. E aveva diretto il vivaio locale». Così inizia, in una tiepida sera d’agosto di fronte al quadro dell’abbazia di Follina e al Castelbrando, il racconto di Walter Balliana. 14 aprile 1964 21 dicembre 2001: 39 anni di vita gloriosa. E storie, personaggi, ricordi. La pergola nella piazzetta minuscola, la stanza del camino, metri di lumache, messe a terra a “spurgare”. Quella di Walter e Wilma è stata un’avventura di quasi 4 decadi, a strettissimo contatto con il mondo dell’imprenditoria, della cultura e del giornalismo italiano. «Ho conosciuto mio marito al Casinò di Lucerna. Mi chiese di ballare» racconta Wilma, svizzera di nascita, che sposa Walter, emigrante veneto alla fine degli anni Cinquanta. «Lavoravo al telegrafo di Zurigo, ma quando nacque nostra figlia Oriana decidemmo di tornare a vivere in Italia. Non fu facilissimo ambientarsi, ma la regola che ha ispirato la mia vita è: adattabilità».
 L’IDEA Non sapevano neppure fare un caffè: sono diventati gli osti più amati delle colline per quasi 40 anni. «Quando ci chiesero come chiamare il locale, andammo a consultare le antiche carte- prosegue Wilma- qui alla fine dell’Ottocento c’era un’osteria. Bar centrale mi sembrava troppo altisonante. E così optammo per Osteria ai Colli, che ci dissero fosse il nome storico del locale». Il primo vero cliente fu il poeta Andrea Zanzotto: la sua influenza era destinata a far arrivare il bel mondo della cultura italiana. «Andrea, che era stato mio insegnante di italiano e francese- riprende Walter- era preside della scuola di Col San Martino, proprio di fronte al bar. Era il nostro primo cliente. La giornata partiva con il suo caffè e la lettura dei 5 quotidiani che tenevamo sul bancone». La formula scelta fu quella dell’osteria classica: vino pane e soppressa, cui poi vennero aggiunti formaggi e affettati. «All’inizio l’osteria era frequentata soprattutto dai grandi vecchi del prosecco. I Merotto, i Canal, i Pederiva. Proponevamo 14 giochi di carte la domenica: si vinceva in caramelle, rigorosamente separate tra caramelle dei siori (10 cent) e caramelle comuni (5 cent)».

PASSAGGI CELEBRI Ma ben presto i nomi dell’imprenditoria e della cultura arrivarono a Col San Martino. Grazie soprattutto allo studio dei fratelli Emilio, Primo e Romeo Mantese. «Sono stati nostri grandi amici e hanno favorito l’incontro con i grandi architetti. Ma non solo». Tutti ricordano infatti un giovanissimo Luciano Benetton arrivare con la Topolino e chiedere dello studio Mantese: iniziava la piccola epopea del brand e il signor Luciano cercava progettisti fidati. «Sempre tramite Mantese conobbe Carlo Scarpa e suo figlio Tobia. Carlo era un uomo bizzarro e pieno di talento. Con Tobia siamo cresciuti giocando insieme. Già da piccolo dimostrava la sua genialità e io pensavo: buon sangue non mente» riprende Walter. Frequentatori abituali del locali anche gli Zorzi durante l’epoca in cui progettarono l’autostrada del Sole.Poi arrivarono gli Zoppas, i De Longhi: genitori e rampolli.
LA BESTEMADORAAll’interno dell’osteria c’era una stanza dal nome inusuale. Era lì che si riuniva il cenacolo di artisti, uomini d’impresa e protagonisti della politica di quegli anni. Tra loro anche Gianni De Michelis. «Adorava l’osteria e noi adoravamo lui. In quella stanza sotto il portico abbiamo avuto modo di godere della sua strepitosa intelligenza e della sua infinita cultura. Era un gaudente Gianni, ma c’era sotto una grande sostanza». Le notti alla Bestemadora vedevano il passaggio di Neri Pozza, Bepi Maffioli («un aspirapolvere!»), Bepi Mazzotti e dell’incisore Barbisan. «Andrea era sempre lì: ci raccontava dei suoi amori infelici e si ispirava quando doveva scrivere per Fellini» aggiunge Wilma.

GLI INTELLETTUALI Da sempre contigui al mondo dell’arte, i coniugi Balliana iniziarono anche a proporre delle mostre. «Venivano i pittori che gravitavano intorno a Venezia, Vedova, Zamarra: stavano tra le colline, dipingevano, lavoravano e poi nelle collettive vendevano i quadri. E coì fu anche per il gruppo di Brera con Licata». Ma nel libro dei ricordi anche le grandi firme del Corriere della Sera. «Avevamo iniziato ad invitarli quando ero presidente della mostra del vino: con Giorgio Tondelli si sviluppò un rapporto davvero speciale. Era un signore. A volte si faceva l’intero tragitto solo per mangiare lo spiedo o le lumache della Wilma». Che avessero un che di leggendario lo conferma anche Arrigo Cipriani in una dotta citazione. «Andavamo a trovare Walter per mangiare quello che c’era, a bere il suo Cartizze, all’osteria a Col San Martino, e quando era la stagione, a riempirci di lumache che come le faceva la Wilma nessuno al mondo».

FREDA E VENTURA Nel dicembre 1969, due giorni prima della strage di piazza Fontana, in osteria arrivano Freda e Ventura. «Freda era editore, e aveva pubblicato un volume con scritti di Andrea Zanzotto e schizzi di Murer. E la festa per la vernice del libro era stata fatta da noi- ricorda Walter- mesi dopo il giudice Giancarlo Stiz arrivò a chiederci conto della sua presenza. Le indagini già puntavano sulla pista nera, ma per noi Freda era un semplice editore». Con Stiz alla fine diventarono amici: anche il giudice degli anni di piombo veniva a pescare con Cirpiani nel Soligo. E poi tutti ai Colli.

TOTI DAL MONTE All’inizio degli anni Settanta la Rai volle realizzare una trasmissione con Andrea Zanzotto, Walter Balliana e Toti dal Monte. «Andammo a prendere la Toti che al tempo viveva da Lino. Un momento che mi trucco-sorride Walter ricordando la celebre cantante- e uscì porcellanata come nel suo stile. Solo che per rendere l’incontro di taglio rustico accendemmo un grande camino. Eravamo a Campea ed era estate. Pochi minuti e il cerone della Toti si era liquefatto. Quindi: spegni tutto, restaura la Toti e riparti di nuovo».

A CORTINA, CON HEMINGWAY «Comisso e De Pisis avevano una relazione, ma erano double face. A Cortina si erano incapricciati della Rachele, che aveva un locale e cucinava da Dio. Ma lei aveva occhi solo per Hemingway». Walter ricorda perfettamente il romanziere premio Nobel. «Parlava in triestino, adorava l’Italia, simpatico da morire e molto molto charmant. Mi diceva: bocia non stali badar. Sapeva che nessuno dei due avrebbe potuto dargli alcun pensiero con la Rachele. Peraltro gran bella donna». A Cortina Walter conobbe anche Andreotti. «Si può dire tutto quel che si vuole, ma una mente superiore». Il 31 dicembre 2001, ultimo giorno della lira, l’osteria ha chiuso i battenti. Si è accomiatata insieme ad un’epoca. Vent’anni prima a Walter Sandro Pertini aveva dato il Cavalierato. «Walter, vestiti da festa» gli aveva intimato il Prefetto. «Sono sempre stato socialista, amico di De Michelis e di Maurizio Sacconi. Quando la Lega ha iniziato la parabola mi cercarono. Ma per me la politica è un mestiere, e un enorme responsabilità. Pochi giorni fa ho incontrato per caso Zaia alla mostra del vino. E lui mi ha fatto arrossire, chiedendomi una foto».
Ultimo aggiornamento: 11:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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