Gegè Telesforo a "Suona Jazz" a ritmo di blues: «A Treviso un concerto divertente»

Domenica 26 Marzo 2023 di Federica Baretti
Gegè Telesforo atteso a Treviso Suona Jazz il 26 maggio

Il jazz, il rapporto con la televisione, l’amicizia con Renzo Arbore, gli anni alla radio e le eroiche puntate di D.O.C., straordinario programma che nella metà degli anni Ottanta ha portato sul piccolo schermo incredibili performance live dei mostri sacri della musica internazionale, da Miles Davis a James Brown. È una passione viscerale e profonda quella di Gegè Telesforo per la musica e per la divulgazione. Un amore incondizionato che ha riportato il polistrumentista, vocalist, compositore, produttore, autore e conduttore di programmi radiofonici e televisivi fra i più amati alle sue origini, con un album e un tour che farà tappa all’auditorium Sant’Artemio della Provincia di Treviso venerdì 26 maggio nell’ambito di “Treviso Suona Jazz Festival”. “Big Mama Legacy” è il suo nuovo progetto, un personale tributo al blues, con una dimensione sia discografica che live.

Cos’è questa nuova avventura?

«Dopo aver fatto tanta musica, ho pensato fosse giunto il momento di tornare a ciò che mi piaceva da ragazzino e che ascoltavo a casa con papà: una musica impregnata di blues, ma con una visione contemporanea e molto personale di informazioni assimilate nel tempo.

Un linguaggio blues, con una band di giovani talenti italiani che conosco da quando erano giovanissimi: Matteo Cutello, Giovanni Cutello, Christian Mascetta, Vittorio Solimene, Michele Santoleri».

Sta registrando l’album?

«Sì. Big Mama è il blues, la materia da cui non si può prescindere, perché tutto inizia e finisce con il blues. Ho rispolverato parte del repertorio del genere e scritto nuove composizioni in questo disco che verrà proposto dal vivo in un tour teatrale. Quando arriveremo a Treviso, a fine maggio, i primi quattro brani saranno pubblicati sulle piattaforme digitali. Nel corso dell’estate finiremo le registrazioni e in autunno uscirà l’album completo, prodotto da Roberto Ramberti».

Che concerto ci dobbiamo aspettare a Treviso?

«Uno dei concerti più divertenti fra quelli fatti in 43 anni di contributi versati… Sarà carico di energia, con tanta improvvisazione e parti chiamate al momento, anche se sarà ben strutturato, pieno di swing e shuffle e con una band di giovani straordinari».

“Big Mama” rende anche onore a uno storico music club di Roma che ha chiuso i battenti con la pandemia. Esistono ancora locali del genere?

«Ho voluto omaggiare un periodo meraviglioso di musica fatta in questo club con musicisti eccellenti italiani e stranieri. Ricordo delle jam session pazzesche nel periodo di D.O.C., ma anche i primi passi di Giorgia e di Alex Britti. I club esistono e sono una palestra per i giovani musicisti, ma anche per i veterani. Il lavoro svolto dai club jazz e blues è indispensabile per l’evoluzione strumentale dei singoli musicisti e della musica. Il problema è che fanno fatica a starci dentro con i costi».

Le biografie raccontano che lei stia vivendo un momento magico della sua carriera. È così?

«In effetti sono contento. Quando scegli di fare un certo tipo di musica imbocchi una strada complicata. Io mi sono dedicato del tutto alla musica e ho cercato di non annoiarmi, alternando con gioia periodi di concerti e tour a programmi in radio e tv. Credo che la mia missione sia quella di divulgare un certo tipo di messaggio e di suono, al di là del successo o della classifica».

Con “Quelli della Notte” e poi con “D.O.C.”, assieme ad Arbore ha scritto pagine indelebili della storia della tv italiana. Che ricordi ha di quella stagione?

«Le due stagioni di D.O.C hanno rappresentato un momento speciale per me e per la musica nel nostro Paese. C’era un team di autori molto preparati guidati da Ugo Porcelli e Renzo Arbore, io con Renzo e Monica Nannini a condurre, uno studio super tecnologico e i migliori artisti italiani e internazionali sul palco: Miles Davis, Pat Metheny, Dizzy Gillespie, James Brown, Solomon Burke, Chet Baker, Dee Dee Bridgewater, per citarne alcuni».

E “Quelli della notte”?

«È stato un successo inatteso per un programma nottambulo, il primo della televisione fatto in quel modo, quasi improvvisato, con una comitiva di persone sconosciute. In soli due mesi ha segnato un momento storico per l’intrattenimento italiano, ha cambiato le regole, cosa che Arbore aveva già fatto in radio».

Oggi sarebbe possibile mandare in onda programmi del genere?

«Forse sì, ma sono cambiate le dinamiche della comunicazione musicale, la televisione cerca consensi e numeri e non è facile fare scelte editoriali radicali che puntino sulla qualità. Lo stesso accade in radio, ma io credo che certe sonorità vadano sdoganate, e che ci vorrebbero più dirigenti appassionati di musica e cultura».

Com’è il suo rapporto con Arbore?

«Renzo è il mio maestro per la comunicazione e uno dei miei migliori amici, e nel tempo sono diventato uno dei suoi più fedeli collaboratori, ho militato per anni nell’Orchestra Italiana e ho suonato in tutto il mondo assieme a lui. Abbiamo fatto tanta televisione assieme e continuiamo a divertirci».

Lei ha attraversato 40 anni di storia dello spettacolo in Italia, è cantante, musicista, produttore, compositore, ma anche giornalista, autore, ambasciatore Unicef. Dove si ritrova di più?

«Mi sento a mio agio con la musica: quando suono la mia musica su un palco, mi sento a casa. Anche in radio mi sento a casa; un po’ meno in televisione. La musica è bella in radio, vederla, come si fa oggi, leva un po’ di fascino. Sono legato a schemi da deejay degli anni Cinquanta». 

Ultimo aggiornamento: 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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