Abusò di due bambini in colonia: la perizia assolve l'animatore

Mercoledì 12 Febbraio 2020 di Denis Barea
I giudici hanno assolto l’animatore perché incapace di intendere e volere
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 L’accusa era gravissima: aver abusato di un bambino di 11 anni e di uno di 13, il primo veneziano e il secondo residente a Treviso. Violenze sessuali che si sarebbero consumate a Bibione durante dei periodi di vacanza estiva organizzati da una cooperativa. Ma nei confronti di quell’animatore, che abita a Oderzo e che oggi ha 34 anni, il Tribunale di Venezia in composizione collegiale per il giudizio di primo grado ha dichiarato ieri l’improcedibilità: una perizia dice infatti che si tratta di una persona incapace di intendere e di volere a causa di un grave deficit cognitivo. 
LA DIFESA
È una vittoria per i legali dell’opitergino, gli avvocati Fabio Capraro e Elena Danieli, al termine di una vera e propria battaglia di carte bollate, perizie mediche e certificazioni della Uls 2 in cui hanno cercato di dimostrare, fin dalla fase di indagine, che il loro assistito è una persona con una capacità mentale minorata. «È un processo che non si sarebbe mai dovuto celebrare, le condizioni mediche del nostro assistito sono un dato oggettivo che si ritrova nelle sue cartelle cliniche e nel percorso di supporto delle autorità socio sanitarie trevigiane che lo seguono da decenni» ha detto l’avvocato Fabio Capraro, che poi ha aggiunto: «In ogni caso anche i fatti nella loro oggettività non sono stati provati. I racconti dei due ragazzini infatti non sono apparsi sempre chiari e in alcuni casi ci sono state evidenti contraddizioni rispetto alla dinamica di quei presunti abusi». 
LE ACCUSE
«Sono stato molestato da quel ragazzo, è successo quando avevo tredici anni ed ero in vacanza al mare con i miei amici». È quello che il ragazzo trevigiano ha raccontato, qualche anno dopo l’episodio, alla fidanzatina. Le parla di abusi subiti da quel ragazzo più grande, anche lui ospite e assistito dalla cooperativa che nella località di mare del litorale veneziano organizzava ogni anno dei soggiorni turistici per giovani. Lei si confida con i propri genitori che a loro volta informano il padre e la madre del ragazzo che a quel punto riferisce i dettagli di quella esperienza terribile anche ai suoi familiari. E scatta la denuncia. Qualche tempo dopo sul 34enne, nei cui confronti a Venezia viene aperto un fascicolo d’indagine dal sostituto procuratore Lucia D’Alessandro, piove un’altra tegola giudiziaria: si tratta di una seconda denuncia sempre per violenza sessuale e questa volta ad accusarlo è un 11enne veneziano. E anche la famiglia di questo bambino presenta una denuncia. Costituitesi come parti civili le famiglie delle due vittime citano a giudizio, come responsabile civile, la cooperativa che aveva organizzato il soggiorno. «Avrebbero dovuto vigilare e non lo hanno fatto», è la loro tesi. Mentre a finire alla sbarra, con l’accusa di violenza sessuale su minorenni, è il 34enne di Oderzo, che al tempo dei fatti di anni ne aveva 24. 
IN AULA
«È una persona affetta da un grave handicap mentale« è l’eccezione che la difesa mette in campo fin dalla chiusura delle indagini. Ma quell’handicap, che sarebbe certificato anche da una corposa documentazione medica dell’azienda sanitaria trevigiana che segue il 34enne praticamente fin dall’infanzia, non convince il gip di Venezia che dispone, su richiesta della Procura, il rinvio a giudizio. Bisogna attendere tre anni e i risultati della perizia di parte della difesa perché il Tribunale lagunare, nella penultima udienza del processo, decida di nominare un proprio consulente. La perizia, affidata allo psichiatra Davide Roncati, non lascia adito a dubbi: il 34enne è incapace di intendere e volere, non può stare a processo ma soprattutto non era capace delle sue azioni al momento in cui sarebbero stati commessi i fatti. «Finalmente - ha commentato l’avvocato Capraro - si è chiusa una vicenda estremamente dolorosa che ha visto finire alla sbarra non un delinquente ma una persona che ha bisogno di essere aiutata. E non c’è neppure la prova che alla fine abbia effettivamente commesso quello di cui era accusato». «È stato un grande dolore per tutti - sono le parole dell’avvocato Annamaria Marin, che insieme al collega Sergio Gerin assisteva le parti civili - sono trascorsi anni di enorme sofferenza per i genitori dei due ragazzini ma anche per la famiglia dell’imputato e per la persona finita a processo». 
Ultimo aggiornamento: 08:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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