Campagna vaccinale, tutto pronto nei "centri base" ma c'è il rebus forniture

Venerdì 12 Febbraio 2021 di Francesco Campi
CENTRI VACCINAZIONI Al Censer di Rovigo si allestiscono i padiglioni per somministrare il vaccino

ROVIGO - Tramezzi, pavimenti, sedie, tavoli. C’è quasi tutto. Paradossalmente, a mancare sembrano essere solo i vaccini, con le incertezze sugli approvvigionamenti che complicano non poco le cose. Lunedì, infatti, prende il via la nuova fase della campagna di vaccinazione, quella detta “di popolazione”, che interesserà in prima battuta gli ultraottantenni, a cominciare dai nati nel 1941 e andando via via a raggiungere le persone più anziane, sempre che non siano già state raggiunti nella prima fase che ha interessato le case di riposo. 


TRE CENTRI BASE
La previsione iniziale era che il Polesine, suddiviso in cinque aree più o meno equivalenti a livello di popolazione, vedesse attivi altrettanti centri vaccinali, ma la scarsità di vaccini disponibili al momento fa sì che siano solo tre i centri a tenere a battesimo il nuovo passo in avanti della vaccinazione, il padiglione B del Censer di Rovigo, la Sala Caponnetto di Adria, nell’area del centro commerciale “Il Porto”, e l’ospedale San Luca di Trecenta, in un’area ben distinta e distante e con un percorso completamente separato rispetto alle aree dove sono ricoverati i pazienti Covid. 
Restano per ora in stand-by gli altri centri di vaccinazione, quello al palazzetto dello sport di Lendinara, quello nella sala Eracle di Porto Viro e quello al palazzetto dello sport di Porto Tolle. Questi ultimi due sono di fatto una doppia gamba della sede nel Delta, così come in Alto Polesine c’è anche un secondo centro a Castelmassa, all’ex mercato coperto, che si alternerà con quello di Trecenta. Con tutti i Comuni e gli enti proprietari degli immobili utilizzati l’Ulss ha richiesto la sottoscrizione di un contratto di comodato gratuito, facendosi carico delle spese di gestione. Ieri gli operai hanno lavorato per l’allestimento dei tre spazi di Rovigo, Adria e Trecenta. 
LETTERE AGLI INTERESSATI
Tutto è ormai pronto. I diretti interessati sono stati invitati con una lettera. Il primo blocco di invii è stato di circa 1.400 lettere, corrispondenti alla platea di anziani che sarà raggiunta nella prima settimana di vaccinazione, sei giorni su sette. Una media, quindi di circa 230 somministrazioni al giorno. Un numero limitato, come spiegato dal direttore generale dell’Ulss Antonio Compostella, perché limitate sono le scorte vaccinali a causa delle note vicende che hanno portato a contrazioni e ritardi nelle forniture. Questa settimana, per esempio, si attendevano circa tremila dosi, mentre ne sono arrivate appena 1.100. Vista l’alea attorno ai rifornimenti, poi, è imprescindibile conservare una scorsa per le seconde dosi, quindi di fatto dimezzando la platea potenziale dei vaccinabili in questo momento. I primi ad essere chiamati saranno, appunto, le persone che nel 2021 compiranno 80 anni, partendo proprio dai residenti nei Comuni di Rovigo, Adria e Trecenta e limitrofi. Per gli allettati è prevista la vaccinazione a domicilio, mentre per quanti abbiano problemi di mobilità o comunque necessitino di essere accompagnati sono i Comuni che, insieme alle associazioni di volontariato, si faranno carico del servizio. Una complessa macchina organizzativa, resa ancor più complessa proprio dalla mancanza di certezze sulle dosi disponibili. I nati nel 1941 in Polesine sono poco più di duemila, erano 2.236 il primo gennaio di un anno fa, mentre, sempre a quella data, erano 2.185 i polesani ancora più “grandi”. 
A RILENTO
Per quanto riguarda la campagna di vaccinazione, inaugurata il 27 dicembre con i primi 40 vaccinati e poi partita di fatto il 31 dicembre, sono arrivate a poco più di ottomila le persone che hanno ricevuto la prima dose, mentre sono circa 7.400 quelle che hanno ricevuto anche la seconda. Più o meno, con una leggero, scarto, quanti, appunto avevano ricevuto la prima somministrazione 21 giorni fa. Nella seconda metà di gennaio, infatti, tutto si è praticamente fermato in attesa delle nuove forniture di vaccino. Negli ultimi giorni a destare particolare scalpore è stata la constatazione che vi è circa un 6% degli operatori sanitari dipendenti dell’Ulss che non si è sottoposto alla vaccinazione nonostante rientrassero fra quelli ai quali era proposta per maggiore esposizione al rischio e ruolo ricoperto in luoghi fragili. In particolare, ad accendere i riflettori su questo aspetto è stato il focolaio scoppiato in Geriatria, che ha visto contagiati, oltre a 30 pazienti anche tre infermieri e due Oss, che non erano, appunto, vaccinati. 
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